Leader cercansi per l’Europa

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Giorni fa, riferendosi alla cacofonia europea nella vicenda libica, un importante quotidiano italiano titolava su quattro colonne. «Europa di leader piccoli piccoli». Lo stesso giorno, un altro quotidiano nazionale rincarava la dose, sparando in prima pagina un titolo anche più pesante: «Un mondo senza leadership» argomentando l’affermazione in modo piuttosto convincente.
Nei due casi il banco degli imputati era affollato: da Barak Obama, esitante e poco tempestivo nei suoi interventi di politica estera, a Vladimir Putin e Dimitri Medvedev in contrasto tra di loro sull’atteggiamento da tenere nel conflitto libico.
Impietosa anche la lista per l’Europa, dove il populista Nicolas Sarkozy si prende per Charles De Gaulle e dà   fuoco alle polveri trascinandosi dietro il collega inglese David Cameron, tutti e due insieme seminando confusione e tensioni tra i colleghi europei e spingendo ad acrobazie contorsioniste la diplomazia italiana, ministro degli Esteri in testa, ridotto a farsi interprete degli opportunismi del suo presidente del Consiglio, stretto tra le voglie bellicose del nostro ministro della Difesa e l’iniziale (pseudo)pacifismo della Lega, pronta poi a scambiare il sì alla guerra con il no all’accoglienza dei profughi.
Tutte queste fragili leadership convivono con la traiettoria calante di quella che fino a poco tempo fa era la prima della classe, la Cancelliera Angela Merkel, adesso alle prese con una progressiva perdita di consenso e di autorevolezza.
In Germania si stanno succedendo importanti elezioni regionali e si preparano le elezioni nazionali del 2013. Le ultime consultazioni elettorali hanno malmenato non poco Merkel e il suo partito: prima in Sassonia e nella città  -Stato di Amburgo, i giorni scorsi in Renania-Palatinato e nel Baden-Wuerttemberg, dove il partito della Cancelliera dovrà   dire addio ad un governo che guidava da quasi sessant’anni.
Lunga la lista incalzante degli scivoloni di Merkel: prima ha dovuto fare i conti con elettori stanchi di vedere la rigorosa Germania pagare per Paesi lassisti sull’orlo del fallimento, ma anche con tedeschi incapaci di vedere l’interesse a termine, per la Germania, di un’Unione Europea coesa e di un euro rafforzato.
Nel Consiglio Europeo di Bruxelles della settimana scorsa la proposta di Merkel per un governo più severo dell’economia europea ha fatto qualche piccolo passo avanti, ma sicuramente molto meno di quanto la Cancelliera avrebbe voluto.
Nel frattempo era esplosa la tragedia giapponese costringendo Merkel ad una precipitosa marcia indietro sulla sua politica energetica in favore del nucleare, senza tuttavia convincere un elettorato che sta trasferendo la sua simpatia verso i Verdi, come dimostrano i risultati delle ultime consultazioni elettorali.
Non aveva ancora tirato il fiato dopo questi scossoni che è arrivato il conflitto con la Libia: all’ONU la Germania si è astenuta sulla Risoluzione che autorizzava l’intervento militare e non è entrata nella coalizione dei cosiddetti «volenterosi», lasciando solo il suo alleato di sempre, la Francia, e seminando incertezza tra gli altri Paesi dell’UE.
Da noi le è venuto in soccorso Umberto Bossi che, per non sbagliarsi, sceglie comunque il nord contro il sud e forse continua a sognare una federazione padano-teutonica, trascinando con sà© – ma non è una novità   in politica interna come in quella estera, supposto che l’Italia ne abbia una – il governo, che ha favoleggiato di un piano italo-tedesco per la Libia.
Al netto dei brutti ricordi evocati da una simile alleanza, è subito stato chiaro che Merkel, salvatasi dalla padella di Sarkozy, non sarebbe caduta nella brace di un alleato che, prima, non ha ritenuto opportuno «disturbare» Gheddafi e, poi, si è detto «addolorato» per un dittatore al tramonto.
La prova che si trattava di una compagnia imbarazzante è arrivata rapidamente, quando dalla consultazione tra USA, Francia, Regno Unito e Germania, è stata esclusa senza tanti complimenti proprio l’Italia: a riprova, se ce ne fosse stato bisogno, di quanto poco siano credibili i nostri rappresentanti in Europa e nel mondo.
A questo punto restano due speranze. La prima, che Merkel, alla guida di un Paese decisivo per il futuro dell’UE, non lasci indebolire ulteriormente la sua incerta e fragile leadership, consegnando l’Europa ad altri leader piccoli piccoli, con smisurate ambizioni personali e nazionali e con poca visione del futuro e scarsa attenzione al bene comune dell’Unione europea.
Più importante e decisiva l’altra speranza: che i cittadini europei facciano sentire la loro voce e la domanda di un’altra politica a tutti i livelli, come già   sta avvenendo nei Paesi dei leader deboli, dalla Germania al Regno Unito, dalla Francia all’Italia, affidando responsabilità   di governo a una nuova classe dirigente che sappia affrontare le eccezionali sfide che il mondo oggi ci propone

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