Da più di cinquant’anni a questa parte Davos, piccolo Paese di montagna nelle Alpi svizzere, diventa il luogo d’incontro dei grandi rappresentanti dell’economia e della finanza mondiali, di esponenti politici e della società civile. A Davos si discute, si scambiano e si confrontano idee sulle grandi sfide globali e si fa il punto sulla salute di un Pianeta in preda a molteplici crisi.
Benché sia difficile valutare il peso politico del Forum visto che non è chiamato a prendere decisioni, Davos rappresenta tuttavia il punto di convergenza del mondo degli affari con quello della politica, dove la problematica congiuntura economica e finanziaria si confronta, oggi, con una turbolenta geopolitica, un imprevedibile futuro tecnologico, crescenti disuguaglianze fra ricchi e poveri della Terra e cambiamenti climatici devastanti.
Non a caso, l’edizione 2024 del Forum economico aveva due temi principali: “Cooperazione in un mondo frammentato”, e “Ricostruire la fiducia” temi intorno ai quali si sono riuniti 2800 uomini d’affari di 120 Paesi e 60 Capi di Stato. Se sullo sfondo delle discussioni erano sempre presenti le guerre in corso in Ucraina e in Medio Oriente, guerre che stanno dividendo il mondo, uno dei temi globali di maggior rilievo per il futuro è stato quello dell’intelligenza artificiale, sempre più presente nelle nostre vite, con rischi e vantaggi per la sicurezza, le imprese, l’occupazione e la democrazia. Definita e percepita come uno strumento molto potente, una grande rivoluzione tecnologica, l’intelligenza artificiale è ancora uno strumento sconosciuto e dall’evoluzione molto incerta.
Non hanno infatti rassicurato, al riguardo, le parole vaghe di Sam Altman, inventore di ChatGPT, parole che hanno messo in evidenza i tanti dubbi sul futuro, in bene e in male, di tale tecnologia e la necessità di trovare, nella futura economia dei dati, la giusta regolamentazione e standard globali, basati su valori democratici e limiti condivisi e rispettati.
Altro tema di dibattito che invece torna regolarmente a Davos è quello delle disuguaglianze globali e ogni anno l’ONG Oxfam presenta, in apertura del Forum, un aggiornamento ai partecipanti. Il rapporto di quest’anno illustra nel titolo la tendenza inarrestabile in corso da anni:” La disuguaglianza non conosce crisi”. Ogni anno le cifre segnano infatti un divario economico e sociale sempre più globale e sempre più consistente, divario che si accentua non solo fra ricchi e poveri, ma anche fra uomini e donne e fra nord e sud del mondo. Oxfam le ha semplicemente definite “diseguaglianze oscene”.
Alcune cifre ci dicono, ad esempio, che i cinque uomini più ricchi al mondo, dal 2020, hanno più che raddoppiato le proprie fortune, passando da 405 a 869 miliardi di dollari, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora. Nello stesso tempo 5 miliardi di persone più povere hanno visto invariata la propria condizione e, sottolinea il rapporto, a questi ritmi, ci vorranno più di due secoli per porre fine alla povertà.
Altre cifre sottolineano inoltre che la ricchezza globale è soprattutto concentrata nel Nord del mondo, dove vive soltanto il 21% della popolazione mondiale che detiene il 69% della ricchezza netta privata. Il divario si estende inoltre alle disuguaglianze di genere, dato che gli uomini detengono una ricchezza che supera di 105.000 miliardi di dollari quella delle donne.
Sono cifre che non esigono ulteriori commenti perché danno, da sole, la misura dell’ingiustizia globale che pesa sul nostro Pianeta. Ingiustizia che fa capolino ogni anno a Davos, sfida fra le sfide, oggetto di discussioni e di scambi di idee, in attesa delle prossime statistiche.