La democrazia nei Paesi UE a rapporto

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Poiché nei nostri “democratici” Paesi dell’Unione Europea la democrazia nasconde coni d’ombra, non fa male sottoporla regolarmente ai raggi X per svelarne i punti deboli, eventuali regressioni e miglioramenti.

E’ l’obiettivo della “Relazione sullo Stato di diritto 2023 nell’Unione Europea”, la quarta della serie pubblicata il 5 luglio scorso, che ogni anno fa il punto sullo stato di salute delle nostre democrazie e propone terapie il cui esito viene valutato in un documento articolato in due parti: una con un’analisi generale della situazione e l’altra con raccomandazioni mirate per ciascuno Stato membro UE.

La tonalità complessiva della prima parte si vuole incoraggiante, riscontrando che le raccomandazioni del 2022 hanno registrato un esito positivo per il 65% di esse, tenuto conto anche dei tempi lunghi delle riforme sollecitate, senza però nascondere che alcuni Stati membri continuano a presentare problemi di natura sistemica. Nessuno sarà sorpreso che in questa lista compaiano con inquietante frequenza due Paesi in particolare, Polonia e Ungheria, ma con altri nei dintorni non indenni da sintomi preoccupanti.

La Relazione punta i riflettori su quattro quadranti tematici: le riforma della giustizia, i quadri anti-corruzione, la libertà e pluralismo dei media e il bilanciamento e il bilanciamento dei poteri a livello istituzionale. Non stupisce che, vista l’attualità politica italiana, su questi versanti si ritrovino osservazioni e raccomandazioni rivolte all’Italia.

Tra queste suona particolarmente severo il richiamo all’Italia sulla riforma in corso della giustizia a proposito dell’abuso d’ufficio. “E’ stata presentata – si legge nel documento – una proposta di legge che mira ad abrogare il reato di abuso d’ufficio pubblico e a limitare il traffico di influenze: queste modifiche depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero compromettere l’efficace individuazione e lotta alla corruzione”.

Altre osservazioni non meno imbarazzanti riguardano i rischi per la libertà dei giornalisti, da proteggere con riforme a favore di  “garanzie per il regime di diffamazione, la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche”, nel contesto di interventi che “promuovano il pluralismo dei media”.

Non manca nella Relazione il riferimento al tormentone quotidiano della realizzazione del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR), questa volta a proposito del nuovo “Codice degli appalti”  con un richiamo ai rischi di infiltrazione dei clan: “le autorità di contrasto e giudiziarie continuano a vedere un aumento del potenziale per l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale e nei futuri appalti di fondi pubblici nell’ambito del Piano di ripresa e resilienza”.

E se tutto questo non bastasse, torna la richiesta di “introdurre norme concrete sui conflitti di interesse”, senza dimenticare l’invito a “affrontare in modo efficace e rapido la pratica di incanalare

le donazioni attraverso fondazioni ed associazioni politiche e introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sui finanziamenti ai partiti e alle campagne elettorali”.

Molto altro contiene la Relazione, anche qualche elemento positivo che suona come incoraggiamento, come ad esempio alcuni progressi nell’esercizio dell’attività giudiziaria a proposito della quale la Commissione europea rileva in Italia “progressi significativi nel proseguire gli sforzi per migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione del sistema giudiziario, in particolare per i tribunali penali e le procure”.

Come dire che agli occhi dell’UE l’Italia ha ampi margini di miglioramento.

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