La «Bolkestein»: proposta di direttiva sui servizi del mercato interno

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Come nasce

In Europa i servizi producono nel complesso quasi il 70% del PNL e dell’occupazione e offrono un notevole potenziale di crescita e di creazione di posti di lavoro. Le piccole e medie imprese (PMI) sono perಠtroppo spesso scoraggiate dallo sfruttare le opportunità   del mercato interno in quanto non dispongono dei mezzi per valutare e premunirsi contro i rischi giuridici di un’attività   transfrontaliera e per far fronte alle complessità   amministrative.
La realizzazione di questo potenziale di crescita e la diminuzione dei limiti delle attività   transfrontaliere sono alcuni degli obiettivi fondamentali del processo di riforme economiche avviato nel marzo 2000 dal Consiglio europeo riunitosi a Lisbona, con l’obiettivo di rendere l’UE, entro il 2010, l’area più competitiva e dinamica del mondo.
Nel dicembre 2000, per rispondere all’appello lanciato al vertice di Lisbona, la Commissione definisce «una strategia per il mercato interno dei servizi», che riceve il pieno sostegno degli Stati membri, del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale (CESE) e del Comitato delle Regioni (CdR). Questa strategia mira a fare in modo che i servizi possano essere prestati attraverso l’Unione con la stessa facilità   con cui vengono prestati all’interno di uno Stato membro. Nel luglio 2002 la Commissione presenta la relazione sullo «stato del mercato interno dei servizi», che completa la prima fase della strategia compilando un inventario il più completo possibile delle frontiere ancora presenti nel mercato interno dei servizi.
La direttiva che viene presentata nel gennaio 2004 dal Commissario alla Concorrenza della Commissione in carica (guidata da Romano Prodi), l’olandese liberale Frits Bolkestein, tende a diminuire la burocrazia e ridurre i vincoli alla competitività   nei servizi per il mercato interno. La proposta di direttiva sui servizi del mercato interno viene presentata dal Commissario al Mercato interno, Fiscalità   e Unione doganale.
La Commissione europea approva all’unanimità   il testo, poi inviato al Consiglio e al Parlamento europeo dove rimane in discussione fino al due febbraio scorso quando il nuovo Presidente della Commissione europea annuncia il «congelamento» della proposta per modificarla in alcune sue parti.

Cosa dice

La direttiva, basata su un approccio dinamico che consiste nel prevedere un’attuazione progressiva di alcune delle sue disposizioni, ha l’obiettivo di stabilire un quadro giuridico volto ad agevolare l’esercizio della libertà   di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e la libera circolazione dei servizi tra Stati membri; inoltre tende a garantire a prestatori e destinatari dei servizi la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà  .
E’ da considerarsi «servizio» qualsiasi attività   economica non salariata che fornisce una prestazione dietro un corrispettivo economico. Fanno eccezione servizi oggetto di deroghe per la loro specificità   o disciplinati da altri strumenti comunitari e quelle attività   che costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri. La direttiva non compromette la libertà   degli Stati membri di definire quali essi ritengano essere servizi d’interesse generale (SIG) e le modalità   del loro funzionamento.
Più in particolare, le misure per eliminare gli ostacoli alla libertà   di stabilimento sono: semplificazione amministrativa attraverso sportelli unici; regimi d’autorizzazione applicabili alle attività   di servizi; divieto di alcune prescrizioni giuridiche; obbligo di valutare la compatibilità   di un certo numero di altre prescrizioni giuridiche con le condizioni stabilite nella direttiva.
Invece, per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi la proposta prevede: il principio del Paese d’origine, in base al quale il prestatore è sottoposto unicamente alla legislazione del Paese in cui è stabilito e gli Stati membri non devono imporre restrizioni ai servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro; il diritto dei destinatari di utilizzare servizi di altri Stati membri; un meccanismo d’assistenza al destinatario che utilizza un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro; ripartizione dei compiti tra Stato membro d’origine e Stato membro di destinazione in caso di distacco dei lavoratori.
Infine, per stabilire la fiducia reciproca tra Stati membri, la proposta prevede: l’armonizzazione delle legislazioni; assistenza reciproca rafforzata tra autorità   nazionali; misure volte a promuovere la qualità   dei servizi; promozione di codici di condotta.

Cosa dicono di lei

La direttiva ha incontrato forti critiche da parte di sindacati, associazioni, forze politiche europee durante le audizioni svoltesi al Parlamento europeo.
Le maggiori critiche sono state:
– la mancanza di consultazione preliminare delle forze sindacali e sociali;
– la non esclusione dei servizi non economici d’interesse generale (SIG) erogati direttamente dai poteri pubblici;
– il timore di smantellamento del modello sociale europeo ai danni dei lavoratori e dei fruitori dei servizi nell’interesse economico del mercato, la deregulation e la privatizzazione dei servizi sanitari;
– il principio del Paese d’origine che destruttura il mercato del lavoro è sintomo della rinuncia ad un quadro comune di regole ed incoraggia gli erogatori di servizi ad insediarsi negli Stati membri con aliquote fiscali contenute e carenti tutele ambientali e dei lavoratori, mentre i Paesi con tutele più severe dovrebbero mitigarle per rimanere competitivi.

SINDACATI:
La CES (Confederazione europea dei sindacati) ritiene che la mancanza di definizione dei termini «servizi d’interesse generale» (SIG) releghi tale interesse al gioco della concorrenza anzichà© alla garanzia e qualità   dei servizi; inoltre ritiene che la Commissione europea debba consultare la società   civile in ambito sociale e sanitario, in quanto troppo importanti perchà© vengano lasciate in balia del mercato. Per contrastare la proposta di direttiva, il 19 marzo a Bruxelles si è tenuto un corteo di circa 100.000 persone, promosso dalla CES e dal Forum Sociale Europeo.
Secondo UNI Europa le agenzie di lavoro temporaneo devono essere escluse dall’applicazione della direttiva perchà© verrebbero facilitati lo sfruttamento e il dumping sociale.

IMPRESE:
Anche l’UEAPME (Unione europea dell’Artigianato e delle piccole e medie Imprese) non è soddisfatta della proposta, in quanto «il principio del Paese d’origine è la morte delle piccole e medie imprese» perchà© in esso sono impliciti rischi di discriminazione e concorrenza sleale; auspica dunque una revisione del testo, un’armonizzazione graduale dei criteri di qualità   e un approccio settoriale.
Positivo invece è il giudizio espresso dall’UNICE (Unione delle Confindustria europee).

CONSUMATORI:
L’Organizzazione europea dei Consumatori accoglie favorevolmente la direttiva perchà© favorisce la concorrenza e offre maggiori opportunità   di scelta per i consumatori, ma rileva che alcuni «ostacoli» svolgono una funzione protettiva specialmente in caso di servizi esteri e che gli effetti e le disposizioni della proposta hanno alcuni limiti.

FORZE POLITICHE:
Secondo Pierre Jonckheer (membro del Parlamento europeo per i Verdi) la direttiva risponde ad una richiesta dell’OMC (Organizzazione mondiale del Commercio) per l’apertura del mercato e non costituisce una priorità   per l’Europa, che non ha bisogno di una direttiva quadro unica, ma piuttosto di strategie nazionali.
Il gruppo socialista al Parlamento europeo (PSE-DE) ha redatto un documento di lavoro sulla direttiva in cui critica la vaghezza nella delimitazione del campo di applicazione del testo, dal quale si richiede l’esclusione dei SIEG (servizi di interesse economico generale); secondo il PSE, fortemente ostacolata risulterebbe l’armonizzazione legislativa europea (anche perchà© la direttiva sarebbe in contraddizione con la legislazione europea in vigore ed il diritto internazionale privato) e sarebbe debole l’efficacia dei controlli possibili sulle imprese. Il documento solleva anche il problema del riconoscimento di qualifiche professionali regolate in alcuni Paesi e non in altri e contesta l’interpretazione della sentenza della Corte di giustizia europea sul principio del Paese d’origine.
Anche il PPE-DE, pur evidenziando la necessità   di aprire il mercato dei servizi alla concorrenza, avverte il bisogno di modifiche e chiarimenti in campo di protezione dei consumatori e dei lavoratori.

ISTITUZIONI:
Il CESE (Comitato economico e sociale europeo) chiede che sia riconosciuta l’importanza del settore servizi per la crescita economica e che sia esplicitato il campo di applicazione della direttiva; critica l’insufficienza delle valutazioni d’impatto eseguite prima del lancio della proposta ed auspica l’applicazione del «principio» in due tempi, in quanto è necessario un periodo iniziale di armonizzazione. In questo contesto, il CESE ritiene anche necessaria l’adozione della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali.
Anche la Presidenza di turno lussemburghese auspica l’adozione entro luglio della direttiva sulle qualifiche professionali e lavorerà   per ritrovare «serenità  » nel dibattito sulla Bolkestein: è infatti importante compiere uno «sforzo comune di lettura» per scongiurare ogni rischio di dumping sociale.
La Commissione parlamentare per Mercato interno e Protezione del consumatore ha visto una maggioranza d’accordo sul principio di una direttiva regolatrice ma ha pure auspicato dei chiarimenti, soprattutto riguardo al controllo delle autorità   amministrative; ha inoltre favorito la creazione di un gruppo di lavoro sulla direttiva parallelo alla Commissione per facilitare il dialogo tra i gruppi politici.
La Commissione europea ha richiesto uno studio sulle conseguenze economiche dell’applicazione della direttiva al gabinetto di consultazione Copenhagen Economics che ha previsto significativi guadagni economici ed un aumento occupazionale in tutti gli Stati membri (in particolare Regno Unito, Italia e Paesi Bassi); parallelamente, la Commissione parlamentare per Occupazione e Politiche sociali ha chiesto un’analisi delle ripercussioni giuridiche della direttiva all’Istituto di diritto europeo dell’Università   cattolica di Lovanio, il cui parere è che si creerebbe incertezza legislativa, in quanto la direttiva non tiene conto della specificità   di alcuni servizi, nà© delle disposizioni nazionali e regionali, nà© dell’incompatibilità   con altri testi comunitari (in particolare sul distaccamento dei lavoratori); inoltre il «principio» non sarebbe garantito da un livello di fiducia reciproca tra gli Stati membri. Lo studio suggerisce pertanto il proseguimento del processo di armonizzazione a livello europeo.

STATI MEMBRI E REGIONI D’EUROPA:
Il Presidente della Repubblica francese Jacques Chirac ha fatto richiesta di revisione completa della proposta in nome dell’obiettivo di migliorare le garanzie di lavoratori e consumatori e del rifiuto del dumping fiscale, sociale o normativo.
In un colloquio con Barroso, anche il Cancelliere tedesco Gerhard Schrà ¶der ha promesso opposizione ad ogni proposta che non tenga conto delle specificità   settoriali ed esponga al rischio di dumping sociale e salariale.
L’ARE (Assemblea delle Regioni d’Europa) ha espresso timori per l’impatto sulla coesione sociale e ha richiesto valutazioni settoriali al posto di una direttiva quadro, mentre il CdR (Comitato delle Regioni) chiede di garantire ai poteri locali e regionali la gestione dei servizi.

Che ne sarà   di lei

Il Presidente della Commissione europea ha annunciato il «congelamento» della proposta per modificarla in alcune sue parti.
Il Segretario generale della CES (Confederazione europea dei Sindacati) John Monks valuta positivamente la decisione della Commissione Barroso e si augura di poter lavorare congiuntamente alla modifica della direttiva. Bisogna perಠancora chiarire quale sarࠠ la reale portata delle modifiche della Commissione.
Charlie McCreevy (Commissario al Mercato interno e i servizi) si è dichiarato disponibile al compromesso sulle questioni più controverse, per cui la Commissione attenderà   gli emendamenti proposti dal Parlamento nella prima lettura; ha dichiarato che, pur essendo necessario mantenere la direzione della proposta iniziale, è importante sviluppare un dialogo costruttivo in quanto i servizi di interesse generale (SIG) ed il distaccamento dei lavoratori sono «questioni sensibili». Se il principio del Paese d’origine «garantisce sicurezza giuridica e competitività  », McCreevy ha ammesso che è un punto problematico ed ha sottolineato il fatto che la proposta è stata ereditata dalla Commissione precedente, pur affermando che la Bolkestein costituisce un’iniziativa necessaria per l’applicazione della Strategia di Lisbona («lo status quo non è un’opzione» di fronte alla crescita troppo debole) e che in ogni caso la direttiva non richiede necessariamente la liberalizzazione dei servizi. Secondo il Commissario, è possibile l’esclusione del settore salute e dei servizi di interesse generale finanziati pubblicamente.
Nel frattempo, il Consiglio Competitività   del 7 marzo ha discusso del rapporto tra direttiva sui servizi e direttiva sul distaccamento dei lavoratori e dell’esclusione dal campo d’applicazione di sanità   e servizi di interesse generale finanziati con fondi pubblici.
Il 14 marzo, il Presidente della Commissione Barroso ha difeso l’impianto generale della direttiva ed in particolare il principio del Paese d’origine, in quanto «la libera circolazione dei servizi era una delle quattro libertà   (oltre a quelle di libera circolazione dei beni, dei capitali e degli uomini, ndr) auspicate già   all’articolo 3 del Trattato di Roma del 1957», ma «il livello degli scambi intra-europei di servizi non è per nulla aumentato dal 1992»; la direttiva è dunque necessaria, perchà© una valutazione settoriale è giudicata impraticabile a causa dell’eterogeneità   dei servizi, mentre l’armonizzazione delle legislazioni europee sarebbe «molto difficile» in quanto attualmente molto distanti fra di loro.
Il 15 marzo la prima delle quattro Commissioni parlamentari preposte (quella per Ambiente, Sanità   pubblica e Sicurezza alimentare) ha emesso un parere che chiede l’esclusione dei servizi di interesse generale (a partire dalla sanità  ) dal campo di applicazione, l’abbandono del «principio» e la non operatività   della direttiva fino all’approvazione di una direttiva quadro sui servizi di interesse generale.

Fino ad ora non ci è dato di sapere come verrà   risolta questa disparità   di vedute e in quale misura si terrà   conto della forte contrarietà   di molti attori formalmente esterni all’iter procedurale.

Approfondisci:
Il testo della proposta legislativa
La protesta contro la proposta di direttiva
La valutazione di impatto della CES

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