Dopo le parole di apertura e di dialogo con l’Occidente pronunciate dal nuovo Presidente iraniano Hassan Rohani e la liberazione di difensori dei diritti umani a Teheran, grande era l’attesa per il discorso e per i possibili incontri che lo stesso Presidente avrebbe tenuto e avuto all’Assemblea Generale dell’ONU, conclusasi la settimana scorsa. Rohani ha confermato davanti ai responsabili politici dell’Assemblea la volontà del suo Paese di imprimere un nuovo corso alle relazioni diplomatiche e di uscire da quell’isolamento internazionale in cui la Rivoluzione islamica del 1979 l’aveva portato. Considerato da più di otto anni a questa parte una grave minaccia per la stabilità regionale a causa del suo programma nucleare, e per questo sotto severe sanzioni economiche da parte Usa e dell’Unione Europea, l’Iran, per voce di Rohani, non solo ha chiesto di riprendere i negoziati su basi di reciproca fiducia e di risolvere al più presto questo problema, ma ha soprattutto illustrato all’ONU anche una visione di un suo nuovo ruolo per la stabilità e lo sviluppo dell’intera regione.
Tre gli aspetti essenziali da sottolineare. In primo luogo, se le relazioni fra Teheran e Washington, interrotte da più di trent’anni, dovessero normalizzarsi, come parrebbe dai primi timidi segnali di dialogo, il profilo del Medio Oriente potrebbe evolvere in modo significativo, a partire dalla guerra civile in Siria, al conflitto israelo-palestinese e al sanguinoso confronto fra sunniti e sciiti. In secondo luogo e in questa prospettiva, rovesciando completamente l’approccio e la malaugurata retorica del suo predecessore Mahamud Ahmadinejad, Rohani ha inviato due messaggi ad Israele, il primo di auguri per il nuovo anno ebraico e il riconoscimento della Shoa e il secondo volto a ricomporre un equilibrio regionale che non sia più basato sulla deterrenza nucleare. Ha infatti invitato Israele, unico Paese nella regione a non averlo fatto, ad aderire, senza attendere, al Trattato di non proliferazione nucleare. Terzo aspetto, quasi a sintesi dei due precedenti, la visione strategica di Teheran attraverso queste aperture diplomatiche, propone di rovesciare la logica di divisione e di scontro regionale che si è venuta a creare, e avviare un processo di coesione che abbia come obiettivo la stabilità ed infine la pace. Cose non da poco, visto le sfide in corso nella regione, che se troveranno riscontri concreti, attribuiranno all’Iran un ruolo completamente nuovo nella geopolitica della regione.
Ma all’ONU e più precisamente al Consiglio di Sicurezza, si discuteva anche della Siria. È stata infatti adottata all’unanimità, dopo due settimane di intenso negoziato, la risoluzione volta a mettere in sicurezza e distruggere le armi chimiche siriane. La risoluzione, anche se vincolante, non prevede l’uso della forza in caso di violazione da parte di Damasco. Per giungere a questo risultato, è stato necessario un lungo braccio di ferro con la Russia, che da due anni a questa parte ha sempre ostacolato l’adozione di qualsiasi risoluzione volta a condannare il regime di Bachar al Assad. L’adozione della risoluzione conferma quindi la volontà della Russia di tornare a contare sullo scacchiere internazionale e su quello mediorientale in particolare.
L’Unione Europea per il momento segue con attenzione l’evolversi della situazione, lavorando con sofferta diplomazia in vista della Conferenza di Ginevra II sulla Siria, prevista per novembre.