Europa tra pace e riarmo

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Distratti dall’ultima rissa sulla grafica delle schede elettorali e, più seriamente, preoccupati dalla crisi economica e dall’aggravarsi di quella dell’Alitalia, gli italiani rischiano di aver perso di vista quello che è successo nei giorni scorsi a Bucarest, al Vertice della NATO cui hanno partecipato i capi di Stato e di governo dei 26 Paesi che fanno attualmente parte dell’Alleanza Atlantica. Vale la pena, viste le implicazioni future anche per l’Italia e per l’Europa, soffermarsi su alcuni aspetti principali dell’incontro.
Tre i protagonisti della vicenda nel suo insieme: dentro la NATO gli USA di Bush e l’UE (presente con la maggioranza dei suoi Stati membri) e, ormai sui bordi geografici dell’Alleanza, la Russia. A fare da contorno i Paesi candidati a un ingresso immediato, altri costretti a fare anticamera e, sullo sfondo, due Paesi in situazione di conflitto, armato o meno: Afghanistan e Iran.
I temi sul tavolo, o sottomano nei cassetti, molti e tra loro intrecciati: dall’allargamento della NATO, alla ripresa del progetto USA di scudo spaziale, dal rafforzamento dell’impegno militare in Afghanistan al ruolo dell’Europa nell’Alleanza fino alla prospettiva di avvio di una politica comune della difesa dell’Unione europea.
Come spesso accade, le conclusioni traducono un negoziato complesso dove i protagonisti mettono in conto di perdere qualche punto a patto di non perdere la faccia. àˆ stato vero soprattutto per Bush, al suo ultimo Vertice in Europa e già   fortemente oscurato dalla campagna elettorale per le presidenziali USA. Il bisogno di uscire bene dalla storia – se mai ci entrerà   – con risultati di rilievo internazionale hanno spinto il presidente USA a proposte avventate o almeno premature: è stato il caso dell’allargamento della NATO, ma anche della realizzazione in tempi brevi dello scudo antimissile a partire da basi in Polonia e nella Repubblica Ceca. L’accordo sull’allargamento, sul quale molto hanno frenato Germania, Francia, Italia e Spagna, è stato circoscritto ad Albania e Croazia, rinviato per la Macedonia (in attesa di un chiarimento con la Grecia) e allontanato per Ucraina e Georgia. Quest’ultima decisione sicuramente una bruciante sconfitta per Bush, alla quale hanno contribuito soprattutto gli europei attenti alla messa in guardia della Russia, che mostra di non gradire un eccesso di vicinanza da parte della NATO.
Non è andata molto meglio per il rafforzamento dell’impegno militare in Afghanistan dove Bush ha incassato solo un gesto da parte di Sarkozy, vaghe promesse di altri e un «no» da parte di Italia, Spagna e Germania.
Diverso e più complesso l’esito del negoziato sullo scudo antimissile, motivato con l’esigenza di prevenire eventuali attacchi degli «Stati canaglia», in particolare da parte dell’Iran. Nonostante le resistenze di Putin e qualche imbarazzo da parte degli stessi Paesi che dovrebbero ospitarne le basi, Bush ha incassato l’accordo dei 26 Paesi, accompagnato dall’invito della NATO alla Russia a cooperare al progetto e con la dichiarata disponibilità   degli USA nei confronti di un maggior ruolo dell’UE nell’Alleanza militare atlantica.
Sta forse in questo accordo la cifra più intrigante, ma fors’anche più inquietante, del Vertice di Bucarest. Si profila all’orizzonte una ripresa di riarmo non solo da parte degli USA e della Russia ma anche, seppure con ben altra cautela e discrezione, dell’Europa.
L’irrisolto nodo balcanico con la tensione tra Serbia e Kosovo, la conflittualità   che non accenna a raffreddarsi nel Mediterraneo e la perdurante provocazione iraniana offrono una sponda a chi vuole riportare al centro il tema della sicurezza non solo attraverso l’azione diplomatica ma con più consistenti strumenti militari.
A Bucarest l’UE, per voce in particolare di Germania e Francia, ha chiaramente rilanciato il tema di una politica di difesa comune europea affossata nel 1954 proprio dalla Francia che allora non ratificಠil Trattato che avrebbe dato vita alla «Comunità   europea di difesa» (CED). Molta acqua è passata da allora sotto i ponti: è crollato il muro di Berlino, l’Europa procede sulla via della riunificazione, la Francia torna a far parte del comando militare della NATO e nuove strategie sono sollecitate dalle minacce del terrorismo internazionale dopo la tragedia delle Torri gemelle a New York.
E l’Italia in tutto questo? A Bucarest, un governo costretto alla gestione degli affari correnti da un’improvvida fine di legislatura non poteva fare molto: ha resistito alle pressioni di Bush per l’Afghanistan e per allargamenti prematuri della NATO, ma non si è potuto sottrarre alla discutibile iniziativa dello scudo antimissile nà© ha potuto incassare di ritorno un ruolo di protagonista nella ricerca di una futura politica di difesa comune europea.
C’è da sperare che un governo nella pienezza dei poteri, ma anche dotato di saggezza e consolidato spirito europeo, possa raccogliere il testimone e tornare in partita. Non chiunque tra chi ci chiede il voto è in grado di svolgere un compito di questa delicatezza: scegliere responsabili politici affidabili e rispettati dai nostri partners è oggi un dovere per l’elettore che ha a cuore questo Paese e un suo ruolo dignitoso nel mondo.

1 COMMENTO

  1. A titolo informativo aggiungo solo che la corsa al riarmo è già  in atto, trainata dagli USA ma che riguarda praticamente tutti i Paesi del mondo, anche e soprattutto europei.
    Nell’ultimo decennio la spesa militare mondiale è cresciuta del 37% superando attualmente i 1200 miliardi di dollari annui, il che equivale a una media di circa 184 dollari per ogni abitante della terra. Gli USA sono nettamente al primo posto: 46% della spesa complessiva 2006, un budget 2008 che supera i 600 miliardi di dollari, analogo a quello del 1988 in piena guerra fredda e superiore a quello del 1968 in piena guerra del Vietnam. Nella classifica mondiale gli USA sono però seguiti al secondo e terzo posto da Regno Unito e Francia, da una Germania che al sesto posto precede la Russia e che ha raddoppiato le esportazioni di armamenti negli ultimi due anni, dalla “povera” Italia che al nono posto precede il gigante India e che nel 2008 ha aumentato di circa due miliardi la sua spesa militare. Inoltre, tra i primi otto esportatori mondiali di armamenti, a parte i primi due che sono USA e Russia gli altri sono Stati membri dell’UE: nell’ordine Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia e Svezia.

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