Il Parlamento europeo discute i risultati del Vertice di primavera

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A meno di due settimane dalle elezioni tutti gli occhi (compresi quelli di molti nostri europarlamentari) sono puntati sulla scena politica italiana. Eppure, la settimana scorsa a Bruxelles si è tenuta una sessione plenaria straordinaria dal significato politico non indifferente: il 26 marzo, il Parlamento europeo ha infatti discusso dei risultati del Vertice di primavera, ovvero la riunione dei capi di Stato e di governo che, annualmente, stabiliscono il quadro entro cui iscrivere le politiche economiche e sociali all’interno dell’Unione europea.
La scarsa attenzione mediatica puಠessere spiegata con il fatto che, a differenza di altri Consigli europei, quello del 13 ed il 14 marzo non è stato marcato da nessun compromesso dell’ultimo minuto. In compenso, le conclusioni della presidenza delineano un orizzonte chiaro e coerente e stabiliscono, per raggiungerlo, delle misure concrete che tutti gli Stati membri si sono impegnati ad attuare.
Il primo ministro sloveno, in quanto presidente di turno del Consiglio europeo, ha informato il Parlamento dei risultati raggiunti.
In primo piano la questione del «pacchetto cambiamento climatico/energia» su cui il Consiglio europeo si è impegnato a raggiungere un accordo politico entro l’anno con l’obiettivo dell’approvazione definitiva nella primavera del 2009, ovvero sotto la legislatura attuale e, soprattutto, prima che entrino nel vivo i negoziati internazionali per un accordo post-Kyoto, che dovrebbe essere siglato entro il prossimo anno. Il Vertice ha ribadito i principi chiave del piano energetico europeo (efficienza economica oltre che ambientale, equità   e solidarietà   nella ripartizione degli oneri fra Stati membri, trasparenza nelle discussioni) ed ha anticipato che verrà   fissato un nuovo tetto massimo per le emissioni europee ed un meccanismo di scambio delle quote di emissione (ETS – Emission Trading Scheme). Ancora una volta, sul tema del cambiamento climatico, l’Europa propone alla comunità   internazionale la strada della sostenibilità  , ma, se necessario, si dichiara disposta a percorrerla anche da sola.
Altra decisione del Consiglio europeo è stata il recupero dei pilastri sociale ed ambientale per l’ultima fase (2008-2010) della Strategia di Lisbona che, a partire dalla revisione del 2005, era invece stata orientata in modo prioritario verso quello economico (crescita ed occupazione). Investire sul capitale umano per combattere le ineguaglianze, la povertà   e la disoccupazione, creare un contesto che faciliti la ricerca e l’innovazione soprattutto per le Piccole e Medie Imprese (PMI), favorire la libera circolazione della conoscenza (la «quinta libertà  »): queste le parole d’ordine uscite dal Vertice che, tuttavia, non convincono la Confederazione Europea dei Sindacati (CES) e la Piattaforma sociale delle ONG europee, che mettono in luce l’insicurezza sociale derivante dalla riforma del mercato del lavoro all’insegna della «flexicurity» e la degradazione dei servizi pubblici e dei sistemi di sicurezza sociale.
I capi di Stato e di governo hanno poi espresso le loro preoccupazioni riguardo all’attuale situazione economica e monetaria, preannunciando misure per la trasparenza dei mercati finanziari.
Infine, il Vertice è stata l’occasione per riportare nella cornice comunitaria del Processo di Barcellona (che prevede, fra l’altro, il coinvolgimento del Parlamento europeo) l’iniziativa del presidente francese Sarkozy di costituire una «Unione del Mediterraneo».
Nella fase di discussione, i portavoce dei vari gruppi parlamentari europei hanno dato le loro valutazioni dei risultati del Vertice: se entrambi i gruppi principali (PPE-DE e PSE) si trovano sostanzialmente soddisfatti dell’esito dell’incontro, i popolari mettono l’accento sulla rapida attuazione della libera circolazione dei ricercatori tramite un effettivo mutuo riconoscimento delle qualifiche, mentre i socialisti insistono sulla dimensione sociale della Strategia di Lisbona minacciata dalla crisi economica, mettendo in guardia Commissione e Consiglio da un approccio troppo settoriale. Decisamente critici, invece, i liberaldemocratici di ALDE che denunciano la retorica del Consiglio europeo a fronte di un ritardo sostanziale dell’Unione nel campo dell’efficienza energetica e dell’investimento nella ricerca. «Come è possibile parlare di una quinta libertà  » si chiede inoltre la rumena Adina-Ioana Và ¢lean «se la libera circolazione di persone e servizi non è ancora effettiva?». Anche il gruppo dei Verdi contesta l’atteggiamento autocelebrativo dei leaders europei, mettendo in discussione il ruolo di guida che l’UE si è attribuita nella lotta al surriscaldamento globale, dal momento che già   si prospettano deroghe al tetto massimo di emissioni per prevenire la delocalizzazione delle industrie pesanti europee.
Puಠessere interessante notare che nessuno degli europarlamentari che ha partecipato a questa discussione era italiano: quelli che hanno ritenuto valesse la pena di presenziare alla plenaria hanno preferito intervenire su un tema di più immediata visibilità   politica: la repressione in Tibet ed il possibile boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino.

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