I nuovi re magi da Oriente

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La crisi economica e finanziaria che continua a tenere sotto pressione l’Unione Europea e l’euro non sembra per ora aver trovato risposte adeguate da parte del Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo. In particolare non si è dimostrata finora molto disponibile ad intervenire la Germania, e questo nonostante i ripetuti inviti da parte della Banca centrale europea (BCE) e gli allarmi sui rischi per la stabilità   della zona euro da parte del Fondo monetario internazionale (FMI), pure pronto ad intervenire ma non certo senza imporre regole severe per il risanamento dei conti pubblici.
Così, come da sempre accade che il sole tramonti ad occidente, una luce sembra sorgere per l’euro da oriente con la Cina intenzionata a sostenere quella moneta unica lasciata dagli europei in balia di turbolenze mai viste finora.
Una forma inedita e apparentemente sorprendente di «soccorso rosso», proprio da parte di un Paese emergente additato come una minaccia per le economie occidentali e ritenuto da molti l’affossatore dei nostri mercati. Ma di tutto si tratta meno che di un’ondata di buonismo natalizio e non sono doni quelli annunciati dai nuovi re magi, venuti da oriente, per alleviare le nostre sofferenze. Vengono piuttosto in mente i versi di Virgilio nell’Eneide quando evoca l’inganno dei greci per introdursi con il loro cavallo a Troia. Quel «Timeo Danaos et dona ferentes» («Temo i greci anche quando portano doni») che induce a riflettere e a cercare di capire quali siano le ragioni di questo inatteso soccorso e che cosa si possa nascondere in quei doni.
Intanto non è un caso che l’offerta cinese sia stata fatta in occasione di un vertice tra il governo cinese e una delegazione di commissari UE, dedicato agli scambi commerciali tra le due aree economiche, con la Cina in forte progressione e un tasso di crescita attorno al 10%, cinque volte quello dell’UE e dieci volte quello dell’Italia.
Impressionano alcuni dati: nell’anno che si sta concludendo gli scambi cinesi con l’UE si aggirano attorno a 350 miliardi di euro, con una crescita del 30% rispetto al 2009. Ad oggi il Paese del Sol levante dispone di oltre 2000 miliardi di euro di riserve, metà   delle quali utilizzate per acquistare una parte consistente dei tredicimila miliardi di debiti degli USA. Se a questo si aggiungono, da una parte, il contenzioso commerciale e monetario della Cina con gli USA e, dall’altra, gli scambi in corso e in crescita con l’UE, suo primo partner commerciale, non stupisce la disponibilità   cinese ad alleviare i debiti dei Paesi europei – come nel caso, in particolare, di Grecia e Portogallo – e dell’UE nel suo insieme.
L’operazione cinese risponde al duplice obiettivo di diversificare i suoi investimenti all’estero, mandando messaggi chiari a Washington, e di supportare il suo miglio partner commerciale, l’UE, anche per allontanare rischi di possibili insolvenze europee, con un conseguente arretramento degli scambi commerciali.
Gli osservatori hanno visto in questo «soccorso rosso» un’opportunità   per l’UE di arginare le speculazioni in provenienza dalla finanza americana, anche se è improbabile un travaso sensibile delle riserve cinesi dagli USA all’Unione Europea.
Ma non sfugge nemmeno il rovescio della medaglia: la prospettiva cioè di un’Europa «comprata» dalla Cina e vincolata nei suoi negoziati commerciali per non parlare nei suoi appelli al rispetto dei diritti umani. Qualcuno più pessimista vi intravvede addirittura una «deriva africana», quella che sta conducendo la Cina ad acquistare, in senso letterale, enormi territori e materie prime di valore strategico in Africa, con una forma inedita di espansione neo-colonialista.
àˆ presto per dire se questo rischi di essere domani anche il destino dell’Europa, e con essa dell’Italia, ma molti segnali convergono per dire che il mondo sta radicalmente cambiando, proprio mentre l’UE continua a rinviare le risposte alle sue crisi e l’Italia sembra, da tempo, in tutt’altre faccende affaccendata.

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