“Human trafficking”: nessun luogo è sicuro

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Si è svolta a Porto, l’8 e 9 ottobre scorsi, la Conferenza “Human Trafficking and Gender”, organizzata dalla presidenza portoghese con l’obiettivo di riunire esperti del settore e autorità   statali per effettuare una valutazione dei progressi compiuti dagli Stati membri nella lotta contro la tratta degli esseri umani.
La piaga del traffico di esseri umani affligge l’umanità   da ormai più di un secolo. Nel corso dell’ultimo ventennio, tuttavia, il fenomeno ha assunto dimensioni particolarmente preoccupanti: si stima che ogni anno oltre un milione di persone ne è vittima, nell’80% dei casi si tratta di donne e bambini. Inoltre, se originariamente la tratta riguardava essenzialmente reati a scopo di prostituzione, oggi rientra in tale categoria non soltanto lo sfruttamento sessuale, ma anche economico (matrimoni forzati, traffico di organi, lavoro coatto, schiavitù).
Tale fenomeno, così come è definito nel diritto comunitario, non costituisce soltanto un atto criminale che mira allo sfruttamento delle persone, ma rappresenta una grave violazione dei diritti dell’uomo, secondo quanto previsto dall’articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Da oltre 10 anni, l’UE ha dunque inquadrato la lotta contro questo fenomeno in un’impostazione globale e pluridisciplinare, che comprende l’adozione di diversi strumenti giuridici (tra cui rientrano la dichiarazione di Bruxelles del 2002, quella di Varsavia del 2005 e alcune decisioni-quadro, contro la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile) ed operativi (la costituzione, nel 2003, di un gruppo di esperti del settore e la decisione di affidare a Europol ed Eurojust forti poteri nella lotta contro la tratta). La Commissione europea ha poi elaborato una serie di programmi (STOP, DAPHNE, AGIS, ARGO, AENEAS), volti a combattere il traffico di esseri umani e la violenza sulle donne, a prevenirne la diffusione e a sviluppare la cooperazione, le azioni e lo scambio di buone pratiche tra Stati membri. Inoltre, a causa delle dimensioni mondiali del fenomeno, l’UE collabora attivamente con numerose altre realtà   internazionali quali ONU, OSCE, G8, Consiglio d’Europa e ASEM.
Nel discorso di apertura dei lavori della Conferenza, il commissario responsabile per Giustizia, Libertà   e Sicurezza, Franco Frattini, ha ribadito l’importanza della protezione totale verso le vittime e del principio della «tolleranza zero» nei confronti di chi si macchia di tali reati.
Inoltre, nel corso del dibattito è stata più volte sottolineata la necessità   di una maggior cooperazione tra autorità   pubbliche e attori privati, quali ONG e associazioni operanti nel settore: la frammentazione delle attività   e delle azioni volte a combattere il fenomeno costituisce infatti un forte ostacolo a una comprensione più ampia dello stesso, rendendo esigue le possibilità   di intervento congiunto.
Il Portogallo, che considera quello della lotta contro il traffico degli esseri umani uno dei temi sensibili del suo semestre di presidenza, nel presentare il suo Piano nazionale di azione ha invitato i Paesi membri ad accelerare le pratiche di adeguamento al piano comunitario varato nel 2005 per un’azione coordinata. Molti sono infatti i progressi compiuti dagli Stati negli ultimi anni nel settore, ma si tratta spesso di azioni sporadiche e condotte su scala nazionale: dal confronto tra gli esperti intervenuti è invece emerso come la sfida da affrontare sia quella di elaborare una visione complessiva del fenomeno, come di un problema che richieda un’indispensabile collaborazione su larga scala, un’azione tempestiva e di lunga durata.
Dalla Conferenza è salito anche l’appello per un ruolo più forte del diritto comunitario, chiamato ad apportare un «plusvalore» nell’individuazione delle infrazioni legate alla tratta degli esseri umani e a rafforzare la cooperazione tra i pubblici ministeri degli Stati membri, ad esempio nel decidere la sede del processo e a consentire di infliggere pene più severe ai trafficanti condannati.
La Conferenza di Porto si intreccia con quella svoltasi contemporaneamente a Lisbona, “Europa contro la Pena di morte”, ad indicare – come ha sottolineato il presidente della Commissione europea, Josà© Manuel Barroso – che «cinquant’anni dopo i Trattati di Roma, se c’è una missione per l’Europa nei prossimi decenni è di prendere in mano la bandiera dei valori e dei diritti universali».
Schiavitù e tratta degli esseri umani sono nozioni che siamo soliti associare ad epoche buie e remote della storia dell’umanità  . Ciononostante, gli “schiavi” non sono affatto scomparsi, anche se in molti casi sono cambiate le modalità   e le vittime di queste “nuove forme di schiavitù»” che provengono per lo più dai luoghi più poveri della Terra, spesso in fuga dalla guerra o da situazioni di estremo disagio economico e sociale.
«La tratta di esseri umani non coincide soltanto con la prostituzione. La tratta è lo spostamento di un essere umano contro la sua volontà   dal luogo di origine a un altro, al fine di sfruttarne il lavoro o il corpo. La tratta si nasconde in fabbrica e nei campi, sotto forma di lavoro forzoso e senza diritti. La tratta si nasconde nelle case, dove donne addette al lavoro domestico e di cura sono sottoposte a vessazioni e ricatti. La tratta si nasconde nelle strade, dove si è costretti a vendere il proprio corpo».
àˆ per questi motivi che la tratta costituisce una profonda violazione dei diritti umani e l’UE, se davvero aspira a essere un modello di civiltà  , deve agire di più e più velocemente.

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