Le dichiarazioni di François Hollande della settimana scorsa e quelle, qualche giorno dopo, del nostro ministro degli esteri, Emma Bonino, in un’intervista al Corriere della sera del 19 maggio, sono state oggetto di molti commenti: a livello francese e internazionale quelle di Hollande e, quasi soltanto in Italia, quelle della Bonino.
Già questo racconta di un’asimmetria di attenzioni interessante, che va al di là del ruolo molto diverso delle due figure, ma dice la percezione dell’affidabilità dell’Italia e non rende giustizia alla qualità delle proposte e della loro praticabilità nell’attuale contesto e calendario istituzionale dell’UE.
Alcuni commentatori italiani si sono cimentati nella lettura delle idee espresse dal Presidente francese e delle proposte della Bonino.
Su La Repubblica, Eugenio Scalfari ha visto venire dalla Francia un segnale quasi “rivoluzionario”; più misurato Franco Venturini, editorialista del Corriere della Sera, che ha meglio contestualizzato le posizioni francesi, raffrontandole con gli umori tedeschi, inglesi e italiani, traendone non pochi interrogativi sul loro carattere novatore e la loro praticabilità concreta.
A ben guardare, molta nebbia e non poca polvere avvolgono le dichiarazioni di Hollande, mentre molto più chiara e innovativa risulta la proposta della Bonino, in particolare per quanto riguarda il traguardo dell’unione politica e dei suoi contenuti. Nel caso del nostro ministro degli esteri si tratta, per sintetizzare, di una visione chiaramente federalista, di derivazione spinelliana, ripensata per la stagione che viviamo.
Alla base vi è un’analisi realista del contesto europeo e della posizione che può assumere l’Italia, nelle condizioni in cui si trova tra la Germania dell’austerità e la Francia della flessibilità, peraltro da questa già ottenuta, senza poter contare su una solida alleanza franco-italiana in tensione con la Cancelliera tedesca.
Una lettura che non impedisce alla Bonino di puntare il dito contro i ritardi, provocati dalla Germania, nella costruzione dell’unione bancaria: “Il tempo non è un elemento marginale: una cosa che va bene ora, non funzionerà fra cinque anni quando il mondo sarà andato da un’altra parte”.
Ma è sul contenuto della futura unione politica che la Bonino parla chiaro. Prima denunciando i limiti dell’opzione intergovernativa, tradizionale per la Francia gelosa della sua pretesa sovranità: “…a forza di andare avanti sulla strada dell’Europa delle patrie, si distruggono pure le patrie…Sono federalista per convinzione e non conosco altro sistema istituzionale al mondo in grado di tenere insieme in democrazia, Stato di diritto e diversità 500 milioni di persone e storie diverse”.
Da questa convinzione discendono, per cominciare, i contenuti di un’unione politica come “federazione leggera” disegnata: “…con un bilancio di appena il 5% del Pil europeo: mettere in comune quattro o cinque settori, nulla a che vedere col Superstato. Il resto lo lasciamo alla sussidiarietà…Insieme dobbiamo fare solo le cose che contano: esteri, difesa, sicurezza, fiscalità, tesoro, ricerca, infrastrutture e ci metto anche l’immigrazione”.
Sarà pure una “federazione leggera”, ma non manca certo di ambizione.
È improbabile che il Presidente Hollande sia disposto a tanto.