Europa e Africa, tra ferite passate e parità   futura

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C’era molta attesa per il secondo Vertice UE-Africa tenutosi a Lisbona nei giorni 8-9 dicembre scorsi. Un Vertice che, a distanza di sette anni dal primo svoltosi al Cairo, doveva riunire i dirigenti politici di 53 Paesi del continente africano e dei 27 Stati membri dell’UE per concordare una Strategia congiunta, per gettare le basi di un nuovo partenariato fra i due continenti, da pari a pari, per iniziare un nuovo dialogo politico e per voltare definitivamente pagina rispetto al passato. Un Vertice definito storico, le cui ambizioni hanno inevitabilmente rimesso in evidenza sia i secolari e dolorosi rapporti storici fra i due continenti sia le prospettive di futuri rapporti di parità  , carichi anch’essi di grandi incertezze e inquietudini.
I sette anni trascorsi fra i due Vertici, periodo in cui il dialogo fra i due continenti è stato alquanto spento, sono stati anni di grandi cambiamenti. àˆ cambiato il mondo con le sue nuove problematiche, in particolare quelle legate alla mondializzazione dell’economia, all’emergere di nuove potenze, alle risorse energetiche, al terrorismo, alle migrazioni e ai cambiamenti climatici. àˆ cambiata l’UE, con i suoi allargamenti del 2004 e del 2007, ed è cambiata anche l’Africa, che dal 2002 ha imboccato la strada dell’integrazione continentale creando l’Unione africana, che dovrebbe permetterle di affermarsi come interlocutore a livello internazionale.
In questo nuovo e complesso scenario, l’Europa ha colto il ruolo geostrategico dell’Africa. Nuove sfide mondiali, nuovi attori e quindi esigenza di rapporti politici diversi con il continente africano, diventato crocevia sensibilissimo di nuovi interessi nella prospettiva appunto della globalizzazione.
In primo luogo le sfide economiche con le immense risorse naturali dell’Africa, siano esse di gas o di petrolio (10% delle risorse mondiali) o risorse minerarie (ad esempio 90% di risorse di platino, cobalto e cromo e 60% di manganese). Sfide strategiche e di sicurezza, che vanno dal terrorismo alle migrazioni e ai traffici illeciti, dalla presenza di Stati corrotti al persistere di conflitti irrisolti, tutti elementi, fra altri, che rappresentano una grave minaccia per la pace e la stabilità  . Ma anche la sfida della povertà   di un continente che conta oggi più di 400 milioni di abitanti che vivono con meno di un euro al giorno, che non hanno accesso alla sanità   o all’educazione. A tutto ciಠsi aggiungono i cambiamenti climatici, che in questi ultimi anni hanno messo a dura prova il continente in fatto di disastri naturali, dalle eccessive inondazioni al perdurare della siccità  , con le conseguenze di carestie, spostamenti di popolazioni, mancanza di acqua potabile e rarefazione di terre coltivabili.
L’Africa ricca e l’Africa del sottosviluppo, che convivono in una straordinaria contraddizione da decenni, sono quindi inevitabilmente oggi, nel bene e nel male, oggetto di grandi o rinnovate attenzioni da parte di vecchie e nuove potenze sulla scena mondiale. In primo luogo, da parte degli Stati Uniti che vogliono adottare un partenariato globale strategico con l’Africa per la diversificazione delle loro esigenze energetiche, ma anche e soprattutto da parte della Cina, che per il suo stesso sviluppo ha bisogno di immense risorse minerarie ed energetiche. Quest’ultima in particolare, che per aver accesso allo sfruttamento delle risorse africane investe nello sviluppo delle infrastrutture di base come strade, ferrovie, alloggi ed ospedali, sta dando prova di un evidente pragmatismo nelle sue relazioni con il continente, avanzando indisturbata e senza troppa attenzione a temi quali la democrazia o i diritti dell’uomo. E questa è forse una delle sfide più insidiose per i rapporti fra l’Europa e l’Africa.
àˆ quindi all’incrocio di tutte queste sfide che i due continenti hanno adottato una nuova e comune strategia di relazioni e delineato un futuro che, come detto in precedenza, dovrà   essere visto sulla base di relazioni fra pari, anche se le condizioni di partenza non sono paragonabili ma evidenziano una crescente interdipendenza. Una strategia quindi che per rispondere a tali sfide deve puntare alla lotta contro la povertà  , al rafforzamento dell’integrazione continentale africana, deve ridefinire i rapporti economici ed energetici, deve trovare un punto d’equilibrio fra commercio e cooperazione allo sviluppo e deve puntare al rafforzamento dei processi democratici e dei diritti dell’uomo.
Per conferire concretezza a questa strategia, i due continenti si sono confrontati e accordati su strumenti e tempi. Gli accordi hanno riguardato in particolare la definizione di vari partenariati da attuare entro il 2010: pace e sicurezza, governance e diritti dell’uomo, energia e cambiamenti climatici, migrazioni, mobilità  , occupazione, scienza e tecnologia. Le principali incomprensioni, come previsto, si sono avute sul tema della liberalizzazione del commercio e sugli Accordi di partenariato economico (APE) che la Commissione intendeva firmare con i Paesi africani entro la fine di quest’anno, data di scadenza del regime preferenziale di importazioni previsto dall’Accordo di Cotonou. Su questo tema, sul quale si gioca effettivamente il futuro dello sviluppo dell’Africa, l’opposizione di gran parte dei Paesi africani, guidata dal presidente senegalese, è stata netta: «I nuovi accordi di partenariato economico vogliono smantellare le protezioni tariffarie e instaurare una perfetta parità   di competizione fra due economie perfettamente asimmetriche. Ciಠporterebbe ad accentuare uno squilibrio di fatto e a consegnare totalmente i mercati africani ai prodotti europei già   consistentemente sovvenzionati».
Strumento privilegiato dalla Commissione europea per adeguarsi alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, gli APE prevedono una liberalizzazione progressiva di circa l’80% degli scambi commerciali fra i due continenti nei prossimi anni. Visti anche come un’occasione per inserire l’Africa nel commercio mondiale, gli APE sono giustamente oggetto di timori e di possibili catastrofi per economie così fragili e poco competitive. Dovrebbero quindi essere affiancati da altri meccanismi di neutralizzazione progressiva degli effetti previsti e inseriti in una vera logica di partenariato e non solo di improbabile competizione, in una prospettiva a lungo termine e soprattutto di integrazione continentale.
Ma la Strategia congiunta per l’Africa e la sua attuazione solleva altri interrogativi, che sono propri di una certa contraddizione dell’atteggiamento politico dell’Europa. In primo luogo è necessario sottolineare la frammentazione delle sue relazioni con l’Africa: il partenariato euromediterraneo e la politica di vicinato con l’Africa del Nord, l’Accordo sul commercio, lo sviluppo e la cooperazione con l’Africa del Sud, l’Accordo di Partenariato di Cotonou per l’Africa subsahariana. Inoltre, i negoziati APE sono stati condotti con sei entità   regionali, con gradi di sviluppo diversi e non ancora in grado di sviluppare relazioni interne e interregionali adeguate. In che modo l’Europa sarà   in grado di superare questa frammentazione per conferire quella dimensione panafricana necessaria all’inevitabile partenariato da continente a continente? In secondo luogo, quale sarà   il futuro delle relazioni bilaterali di ciascuno Stato membro nei confronti degli obiettivi congiunti della nuova Strategia UE-Africa sempre nell’ottica di un’integrazione del continente africano? E infine, quali strumenti finanziari l’Europa sarà   in grado di attivare per attuare tale strategia? Siamo tutti ben coscienti di quanto sia sempre più difficile per l’Europa investire nella solidarietà   interna ed esterna e la nuova strategia, se vuole veramente raggiungere gli obiettivi di partenariato fissati, ha bisogno di risorse.
Nel frattempo la Cina porta avanti con determinazione la sua politica e i suoi investimenti in Africa. Malgrado le storiche relazioni tra l’Africa e l’Europa, nasce l’inquietante interrogativo che l’Europa sia arrivata troppo tardi… per parlare di partenariato, nel senso nobile del termine, e di valori comuni e fondamentali.

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