Elezioni in Europa: aspettando Godot

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“Aspettando Godot”, il celebre dramma di Samuel Beckett, potrebbe essere un’utile chiave di lettura per decifrare questa surreale stagione dell’Unione Europea, nella quale da tempo tutti aspettano tutti, e nessuno sembra arrivare. Nel capolavoro del drammaturgo irlandese, oggetto di infinite interpretazioni, due poveracci sono in attesa di un misterioso personaggio, Godot appunto, dal quale si aspettano un aiuto per sopravvivere e vincere la tentazione ricorrente del suicidio. La trama è più complessa e sfuggente di tanto, ma già così offre un canovaccio utile per provare a capire qualcosa della “crisi esistenziale” che vive questa nostra esangue Unione Europea.

Proviamo prima a identificare i personaggi nella tragicommedia europea in questa fase di particolare intensità elettorale. Nei panni dei due poveracci potremmo intravedere i popoli europei, vittime della crisi economica e preoccupati per la loro sicurezza, rappresentati collettivamente in questi mesi dai loro rispettivi Paesi di residenza in attesa di uscire dal tunnel dell’incertezza.

Nei mesi passati alcune elezioni hanno fornito qualche prima fragile risposta: a dicembre scorso il voto in Austria ha arginato di misura una destra aggressiva e, a marzo, in Olanda è stato provvisoriamente fermato il populismo xenofobo di Gert Wilders. Adesso l’attesa si sposta sull’esito delle elezioni francesi e, in autunno, sul voto tedesco, con l’intermezzo – per quello che può ancora contare per l’UE – delle elezioni anticipate a giugno del Regno Unito, in attesa di capire quanti mesi ci separano ancora dalle elezioni politiche in Italia. E intanto l’UE, nei panni di Godot, non si fa trovare all’appuntamento.

Circoscriviamo questa logorante attesa alle elezioni francesi in corso. Il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali ne è stato solo l’avvio: non solo perché la decisione finale per la Presidenza della Repubblica cadrà il prossimo 7 maggio, ma anche perché per vederci chiaro sul seguito politico dell’esito presidenziale bisognerà aspettare i due turni delle elezioni politiche del prossimo giugno, quando si capirà quale maggioranza politica siederà in Parlamento e quanto questa potrà collaborare con l’Eliseo.

Da questa attesa, che non finisce di finire, un primo segnale è appena arrivato. In una Francia segnata da una crescente sfiducia nella classe politica, vittima di una crisi che ha allargato le dimensioni del disagio sociale e in ansia per la sua sicurezza, la campagna elettorale è stata calamitata dall’irruzione di molteplici attentati terroristici che hanno messo a dura prova lo Stato di diritto e le libertà pubbliche e occultato, in favore del tema sicurezza e migranti, problemi di fondo di un Paese in declino e privato di un ruolo internazionale a cui si era abituato in passato. Inevitabile che a farne le spese sia stato il capro espiatorio europeo, salvatore atteso e bersaglio di ogni accusa, non importa quanto fondata.

I due contendenti alla vittoria finale proiettano adesso sulla Francia e sull’Unione Europea prospettive che potrebbero rivelarsi decisive per il futuro dell’UE: da una parte Emmanuel Macron, espressione di un inedito paesaggio politico, che promette nuovo slancio per la Francia e sembra muovere verso un’Unione Europea federale; dall’altra Marine Le Pen, fautrice di una Francia sovranista con frontiere chiuse a scambi commerciali e alla libera circolazione delle persone  e mina vagante per l’Europa.

Il prossimo 7 maggio sarà il duello tra il futuro e il passato, tra la speranza e la paura. Chi ha a cuore la pace e la solidarietà sa da che parte stare.  Ma non sarà ancora la fine dell’attesa, ma solo un rinvio: come nel capolavoro di Beckett, l’appuntamento con Godot è rimandato all’indomani.

E se questa attesa non finirà presto, il rischio potrebbe essere che a finire sia l’Unione Europea.

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