Diari di guerra 5 – L’ombra della Russia sul Medio Oriente e Nord Africa

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La guerra in Ucraina, che continua imperterrita la sua folle corsa e lascia la parola solo alle armi, escludendo in tal modo la possibilità di timidi spiragli di dialogo alla diplomazia, svela ogni giorno aspetti che vanno ben al di là della geografia del conflitto, dell’Europa e del cosiddetto Occidente.

Proprio in questi giorni, infatti, si è tenuta una riunione in seno alla Lega araba volta a riflettere sulle ripercussioni del conflitto a livello regionale e internazionale. Significativa al riguardo la dichiarazione del Segretario generale della Lega, Ahmed Aboul Gheit, in cui denuncia le pressioni dell’Occidente affinché quest’ultima prenda posizione contro la guerra e contribuisca ad isolare la Russia. La risposta è stata un chiaro no, mettendo in evidenza non solo quanto delicata sia la situazione internazionale e, ancor più, la situazione regionale ma sottolineando anche che gli arabi sostengono “un’azione collettiva nel contesto della crisi russo-ucraina”. 

Per illustrare la portata di una tale posizione, tra l’altro non nuova visti i precedenti in occasione dei voti sulla condanna della guerra in seno all’ONU, in cui molti Paesi arabi si sono astenuti, vale la pena ricordare alcuni dei principali Paesi, 22 in tutto, che fanno parte della Lega araba e che si estendono in Medio Oriente e nell’Africa del Nord: Algeria, Arabia Saudita, Bahrein Egitto, Emirati Arabi Uniti, Libano, Libia, Siria, Qatar, Somalia, Sudan, tutti Paesi che rivestono, agli occhi della vicina Europa, un particolare interesse non solo da un punto di vista della stabilità e sicurezza regionale, ma anche per le loro risorse energetiche, gas in particolare. Un interesse evidente vista la necessità, per molti Paesi europei di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, malgrado la prospettiva urgente di avviare una transizione verde che si prospetta su tempi ancora troppo lunghi.

Sono anche Paesi che, malgrado abbiano lunghe relazioni storiche, economiche e commerciali con la vicina Europa e con gli Stati Uniti, hanno tuttavia tessuto da vent’anni a questa parte solide relazioni diplomatiche, economiche, commerciali e militari con la Russia di Putin, facendo del Medio Oriente e dell’Africa del Nord un terreno di particolare interesse per la presenza russa sulla scena internazionale. Si pensi in particolare alla presenza determinante della Russia nella guerra in Siria o in Libia, oppure, per quasi tutti i Paesi della regione, Egitto, Libia e Libano in testa, alla forte dipendenza dalle importazioni di grano da Russia e Ucraina, stimata a circa l’80% del fabbisogno per la produzione di pane.

E’ in questo movimentato contesto che molti Paesi europei stanno tentando di diversificare i loro approvvigionamenti energetici e, chiaramente, i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa rappresentano l’alternativa più immediata. Per quanto riguarda il nostro Paese le indicazioni vanno dall’Algeria, tuttora fortemente legata alla Russia in un rapporto di cooperazione militare ed energetica, alla Libia, di cui conosciamo l’ormai decennale instabilità politica; ma anche dall’Egitto, sempre legato a Mosca anche da una significativa cooperazione militare, all’Arabia saudita, la quale, proprio agli inizi di marzo, in una riunione dell’OPEC Plus (Paesi esportatori di petrolio, più Russia) fu tra i Paesi ad opporsi ad un aumento significativo della produzione di  petrolio per calmierare i prezzi.

Non sarà una partita facile per l’Europa e questo è solo un altro aspetto degli effetti della guerra in Ucraina, una guerra che continua a sconvolgere quelle relazioni e quegli interessi geopolitici che pensavamo acquisiti. Senza parlare dell’assenza, ad oggi, di una reale prospettiva di dialogo e di mediazione che porti ad uno spiraglio, se non di pace, almeno di cessate il fuoco.

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