Falliscono una seconda volta i negoziati ONU sul trattato globale contro l’inquinamento da plastica
Ogni anno, nel mondo, si producono oltre 462 milioni di tonnellate di plastica, di cui 9 e 14 milioni finiscono negli oceani sotto forma di rifiuti provocando gravi danni alla fauna selvatica e agli ecosistemi. Si stima che quasi il 90% delle specie monitorate risulta colpito dai detriti marini in plastica, attraverso intrappolamento e/o ingestione. Alla dispersione delle nano e microplastiche nell’ambiente, si aggiunge quella di alcuni additivi nocivi impiegati nella produzione dei polimeri. Le evidenze scientifiche indicano, inoltre, che la plastica amplifica il cambiamento climatico. L’accumulo di rifiuti plastici negli oceani, infatti, ne riduce la capacità di assorbire carbonio, mentre l’incenerimento e la combustione a cielo aperto dei rifiuti plastici rilasciano inquinanti nell’aria e nel suolo, compromettendo così il sostentamento di milioni di persone, la salute umana e l’economia globale. Riguardo a quest’ultimo punto, nel 2019, si è riportato che i costi sociali complessivi relativi alla plastica prodotta abbiano superato i 3,7 trilioni di dollari: più del PIL dell’India e pari a circa il 60% della spesa globale per l’istruzione nello stesso anno. Se il ritmo di produzione non cambierà radicalmente, questa cifra è destinata a crescere, con un valore stimato di 7,1 trilioni di dollari di costi sociali nel 2040, mentre l’inquinamento marino triplicherà.
Le misure volontarie e le iniziative nazionali intraprese per contrastare tale fenomeno, seppur utili come misure complementari adattabili a contesti specifici, da sole non sono in grado di affrontare un problema la cui portata è transfrontaliera.
Non sorprende, quindi, che la decisione presa dalla comunità internazionale nel 2022,di istituire un Comitato intergovernativo di negoziazione (INC) per elaborare uno strumento giuridico internazionale vincolante sull’inquinamento da plastica per tutti gli Stati aderenti.
Tre anni dopo la storica decisione e di logoranti sessioni di negoziazione in sede ONU, la prospettiva di tale accordo appare sempre più improbabile.
Le delegazioni di 184 Paesi, riunitosi a Ginevra dal 5 al 15 agosto, non sono riuscite, infatti, a raggiungere nessun accordo, concludendo quest’ultimo round di negoziati (INC 5.0) con un nulla di fatto e la rassicurazione da parte dell’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) che il processo proseguirà, pur senza indicare una data precisa per il rilancio.
I nodi dirimenti di questo ennesimo fallimento affondano le loro radici nelle posizioni contrastanti tra i Paesi che più autenticamente intendono contrastare l’inquinamento da plastica, puntando a ridurre la produzione globale di polimeri, e quindi i rifiuti, e coloro che invece vorrebbero che il trattato si occupasse solo della corretta gestione e del riciclo. Tale frattura era già emersa durante il precedente incontro (INC-5) avvenuto a Busan (Corea del Sud) nel novembre del 2024, il quale era terminato con una mera bozza di lavoro, il cosiddetto “Chair’s Text”, che aveva il compito di riflettere le aree di consenso limitato e facilitare i futuri negoziati. Tuttavia, il documento preparatorio presentato a Ginevra a partire dal “Chair’s Text” ha sortito l’effetto opposto, prolungando il braccio di ferro tra le due fazioni e la mancata intesa.
Ciò che rimane è una profonda amarezza e sfiducia nei confronti del multilateralismo , accompagnate da un timore divenuto sempre più certezza: senza un cambiamento radicale del metodo e nelle aspirazioni, i prossimi negoziati rischiano di concludersi con un nuovo fallimento. La comunità internazionale sarà chiamata nuovamente a mantenere la promessa di porre fine alla contaminazione da plastica e avviare il pianeta su un percorso di recupero. In caso contrario, gli Stati incontreranno l’ennesimo esempio di coloro che si sottraggono dalle proprie responsabilità, permettendo dell’inquinamento da plastica di continuare a infliggere danni sempre più gravi a persone e natura e, ricalcando le parole dei portavoce dei Paesi insulari, a milioni di tonnellate di rifiuti di invadere i nostri oceani, mettendo a repentaglio ecosistemi, sicurezza alimentare, culture e mezzi di sussistenza.
Per approfondire:
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