Unione Europea-USA: alleati ai ferri corti  

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Mancano pochi giorni all’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e la febbre sale tra le due sponde dell’Atlantico, con le Istituzioni dell’Unione Europea e con alcuni dei suoi Paesi membri.

Che la nuova irruzione di Trump sulla scena americana fosse foriera di movimenti tellurici nel mondo con le sue annunciate politiche non sorprende,  ma non per questo vanno sottovalutati alcuni elementi di novità tra il passato mandato presidenziale di Trump, dal 2017 al 2021, e quello che sta per aprirsi.

Tra le novità il peso del “ritorno”, con Trump determinato a non ripetere gli errori del passato e a regolare i conti con chi, nell’Amministrazione, non l’aveva assecondato; a questo si aggiunge l’azzardo della squadra di nuovi collaboratori, tra i quali spicca la figura almeno “anomala” di Elon Musk, in un pericoloso intreccio tra interessi privati e gestione della cosa pubblica da parte dell’uomo più ricco del mondo. Da chiedersi adesso chi tra i suoi collaboratori sarà a suo servizio e quanto Trump sarà a servizio degli oligarchi della sua corte.

Queste novità potrebbero incidere molto sulle future relazioni tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, nel contesto di un’alleanza in passato solida, con beneficio per l’Europa e interessi non indifferenti per gli USA, tanto politici che economici.

La storia di questa alleanza tra “Occidenti”, con valori e interessi non sempre convergenti, racconta di fasi alterne, dagli interventi risolutivi degli USA per la conclusione delle due guerre mondiali alle tensioni commerciali fino alla comparsa, non da tutti gradita oltre-Atlantico, della moneta unica europea e la crescita politica dell’UE. 

Questa tela di fondo invita per ora a non ritenere fatali rotture traumatiche tra i due alleati, ma anche a non sottovalutare alcune ingerenze del Nuovo Continente sul Vecchio, a cominciare dalle bordate lanciate da Musk, sparando nel mucchio, insieme con i suoi provvisori complici, proprietari delle grandi piattaforme informatiche, da Bezos a Zuckerberg, con rischi per una corretta informazione.

In particolare gli attacchi di Musk alla politica del governo tedesco e il suo appoggio al partito di orientamento neo-nazista di Alternativa per la Germania da una parte e, dall’altra, le aggressioni verbali al Premier britannico, Keir Starmer, puntano a minare ulteriormente la già fragile coesione europea, alla vigilia di una possibile trattativa di pace nel conflitto russo-ucraino.

Né vanno sottovalutate le parole in libertà dello stesso Trump a proposito di un’improbabile annessione di Canada e Groenlandia agli USA. Nel caso di quest’ultimo territorio, indipendente ma legato alla Danimarca, plana l’ombra di tentativi di espansioni territoriali annunciate a garanzia della sicurezza territoriale americana oltre che al controllo della regione artica, ricca di giacimenti minerari preziosi e decisiva in futuro per le nuove rotte marine per Cina e Russia.

A fronte di queste, per ora, “provocazioni” dire che la reazione delle Istituzioni comunitarie sia stata tiepida e tardiva è generoso. Con la presidente della Commissione,Ursula von der Leyen, a letto con la polmonite (ma ci sarebbero in buona salute sei vice-presidenti operativi…) e il nuovo presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, appena insediato, i Vertici UE hanno dato la netta impressione di essere incerti sul da farsi, riuscendo finalmente solo dopo giorni, a condividere un tweet dai toni molto dimessi sulla piattaforma di Musk: “Ci aspettiamo un impegno positivo con la nuova Amministrazione statunitense, basato sui valori comuni e sugli interessi condivisi”.

Con la speranza di avere, con la “nuova” America di Trump&Musk, ancora “valori comuni” e “interessi condivisi”.

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