Un timido «si» della Commissione all’ingresso nell’UE di Romania e Bulgaria nel 2007 e allargamento dell’UE

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Il 16 maggio scorso la Commissione ha presentato il suo rapporto sull’allargamento dell’UE a Romania e Bulgaria a partire dal 1° gennaio 2007. Un si a condizione che vengano riunite tutte le condizioni previste e ci sia una concreta ed evidente preparazione di questi Paesi a far parte dell’Unione Europea. La possibilità   infatti di spostare l’ingresso nel 2008 era già   stata prevista nel Trattato firmato nel 2005 fra i 25 Stati membri e i due Paesi candidati.
E in effetti, il si della Commissione è legato alla richiesta di ulteriori sforzi per quanto riguarda l’efficacia e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (in funzione anche dei futuri aiuti comunitari), la lotta alla corruzione e al crimine organizzato, la realizzazione di migliori garanzie di qualità   e sicurezza alimentare nella prospettiva dell’integrazione dei due Paesi nel Mercato Unico Europeo.
La risposta della Commissione era ovviamente molto attesa da parte rumena e bulgara. Dopo anni di lavoro e sforzi per integrare la legislazione e la dimensione europea nelle loro riforme politiche, economiche e sociali , un no all’ingresso nel 2007 sarebbe stato vissuto, soprattutto in Bulgaria, come un’umiliazione e un segnale politico alquanto ambiguo.
La Commissione, nel valutare i progressi compiuti e giustificando la sua posizione come un ulteriore incitamento ad approfondire le riforme richieste, intende mantenere una certa pressione su questi due Paesi e riconsiderare i loro progressi nel prossimo ottobre. Spetterà   comunque al Consiglio Europeo prendere una decisione in materia. Ma è altresì vero che, quella che puಠessere considerata una posizione severa della Commissione, deve fare i conti con una larga parte dell’ opinione pubblica europea, che, in mancanza di un vero coinvolgimento e dialogo con le Istituzioni, vive purtroppo con sempre maggiore apprensione queste problematiche adesioni e aperture ad Est, nonchà© con crescente incertezza lo spostarsi delle frontiere in Europa. E questo in una situazione in cui l’Unione Europea è in piena riflessione sul suo futuro e sulla Costituzione Europea nonchè sul suo rapporto con gli stessi cittadini europei.
Ma il 16 maggio scorso, la Commissione ha adottato altre due raccomandazioni : l’ingresso della Slovenia nella zona Euro a partire dal 1° gennaio 2007 e, contemporaneamente, la bocciatura della Lituania. Un segnale politico per questo piccolo Paese che probabilmente non mancherà   di avere ricadute sulla già   fragile psicologia europeista dei nuovi Paesi membri. Al di là   dell’argomento puramente matematico e cioè il fatto che la Lituania superi dello 0,1% il tasso massimo del 2,6 % d’inflazione per poter entrare nella zona Euro, (rispettando ampiamente tutti gli altri 4 criteri), questa decisione sembra rivelare linee di frattura inquietanti in termini di coesione economica fra i vecchi 15 e i nuovi Paesi membri. Alcuni di questi ultimi, e in particolare Lituania ed Estonia, con un tasso di crescita ben superiore a quello dei 15, potrebbero comportare un rischio di inflazione che si ripercuoterebbe su un aumento dei tassi d’interesse e quindi produrrebbe effetti negativi sulla già   debole crescita di alcuni paesi della vecchia Europa. Questa severa raccomandazione della Commissione, in un momento in cui i più grandi dei 12 Paesi già   aderenti alla moneta unica hanno serie difficoltà   a rispettare i parametri di Maastricht, non ha fatto che creare ulteriore perplessità   e delusione fra i nuovi Stati membri. Spetterà   adesso al Consiglio Europeo deliberare in proposito ma è improbabile che quest’ultimo dia prova di maggiore lungimiranza della Commissione e del suo approccio aridamente ragionieristico.
Ma l’attualità   non si ferma qui: il referendum in Montenegro e la vittoria dei si all’indipendenza dalla Serbia apre nuovi scenari per l’Unione Europea e per i processi di associazione dei Paesi dei Balcani, non ancora candidati all’adesione.
Con una maggioranza del 55,4%, di poco superiore alla maggioranza del 55 % imposta dall’Unione Europea per riconoscere l’indipendenza del Paese, il Montenegro ha fatto definitivamente crollare i resti della ex Yugoslavia. Mentre i negoziati nel quadro del Processo di Associazione e Stabilizzazione con la Serbia si sono interrotti (non collaborazione con il Tribunale dell’Aja per la cattura di Ratko Mladic), il Montenegro, all’indomani della secessione, punta già   all’integrazione nell’Unione Europea e nella Nato.
Come detto sopra, l’indipendenza del Montenegro riapre la prospettiva di altri e nuovi scenari nei Balcani : l’indipendenza del Kossovo, possibile già   in un prossimo futuro, potrebbe portare ad una frammentazione ancora più profonda della vecchia struttura federale della ex Yugodslavia, a un possibile ripensamento delle frontiere delle vecchie repubbliche e infine mettere a rischio l’equilibrio regionale instaurato negli anni 90. Non dimentichiamo ad esempio che l’entità   serba di Bosnia Herzegovina, la Repubblica Sprska, non ha mai ricevuto un riconoscimento formale.
E a questo punto, la politica dell’Unione Europea di portare stabilità  , democrazia e stato di diritto nei vicinissimi Balcani, in una prospettiva a lungo termine di adesione, ritrova tutta la sua importanza e necessità  . Politica da condurre soprattutto perchà© i cambiamenti, li’ o altrove, si facciano all’ombra della pace.

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