UE: una diffusa insofferenza alle regole

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È proprio vero che tutto il mondo è paese: anche per il rispetto delle regole. E allora incominciamo dal Paese, il nostro, che di disinvoltura con le regole ne sa qualcosa. Ne sono vittime in questi giorni le regole dettate dalle Istituzioni per la salvaguardia della salute a fronte della pandemia in corso o quelle più generali, presenti nella Costituzione, destinate a governare la vita pubblica,  o ancora  quelle dell’attività politica e della gestione amministrativa, fino alle regole relative ai comportamenti dei cittadini di un Paese civile. 

Per ciascuno di questi capitoli sarebbe lunga la lista delle inadempienze e delle infrazioni, ma non è il caso di rigirare il coltello nella piaga, accrescendo le sofferenze e le tristezze del momento presente. In attesa di tempi migliori sarebbe comunque utile raccogliere elementi per una futura valutazione a tutto campo, anche per misurare i fili fragili di cui è intessuta la nostra società e per valutare i rischi di strappi che potrebbero condannarci a giorni bui, come insegnano esperienze di oggi e di ieri.

E non conforta auto-assolversi guardando a quello che capita vicino o lontano da noi, dove il clima civile non sembra molto più rassicurante. Come nell’Unione Europea, per esempio, dove alle micro-infrazioni dei singoli cittadini registrate un po’ ovunque, senza che vi siano isole del tutto felici, si aggiungono crescenti e più gravi infrazioni alle regole sottoscritte tra i Paesi membri, sia che si tratti di vincoli amministrativi o di accordi politici.

Di infrazioni ai vincoli amministrativi ha esperienza in particolare l’Italia, abbondantemente in testa a quelle oggetto di procedure dinanzi alla Corte europea di giustizia o di sanzioni comminate al nostro Paese per il mancato rispetto a regole liberamente sottoscritte, come accade in particolare in materia ambientale. La straordinaria congiuntura pandemica che stiamo vivendo ha messo provvisoriamente l’Italia al riparo dai richiami di Bruxelles per la spericolata gestione dei nostri conti pubblici, anche se la settimana scorsa alcuni avvertimenti non sono mancati da parte della Commissione europea a capitoli di spesa senza copertura nella futura legge di bilancio o alla necessità di non trascurare un futuro rientro dall’enorme debito pubblico italiano, ormai superiore ai 2500 (duemilacinquecento) miliardi di euro.

Fuori di casa nostra, e ormai anche fuori dall’Unione, non è particolarmente brillante la situazione nel Regno Unito, dove il Parlamento è stato a più riprese malmenato quando Boris Johnson ha rotto il patto sottoscritto dal suo Paese con l’allora Comunità europea nel 1973 con la pretesa adesso, usciti dall’UE, di godere dei benefici del mercato unico europeo senza rispettarne le regole.

Più grave il rifiuto di  rispettare regole, liberamente sottoscritte nel 2004 per entrare nell’Unione Europea, da parte di Ungheria, Polonia e Slovenia, responsabili di bloccare per tutti i Paesi UE, loro compresi tra i più bisognosi, i quasi 2000 miliardi di euro  deliberati a luglio per il bilancio comunitario 2021-2027 e per il “Piano di ripresa”, con la motivazione che la loro sovranità sarebbe minacciata dal rispetto di regole elementari della democrazia, quali l’indipendenza della magistratura e  la  libertà di stampa in particolare,  sottoscritte liberamente al momento di entrare nell’Unione Europea. 

Ora dei due l’una: o in questi 15 anni sono stati manomessi i Trattati sottoscritti oppure qualcuno sta manomettendo la vita democratica e non gradisce che gli altri 24 Paesi UE glielo ricordino. Visto quello che capita in Ungheria e Polonia, non ancora così grave in Slovenia, sembra evidente la seconda lettura. E se così è, dei due l’una: o questi tre Paesi rispettano i Trattati oppure è giusto cominciare con imporgli una quarantena, sperando guariscano loro e non infettino gli altri Paesi, specie quelli che qualche sintomo di malessere democratico già sembrano manifestarlo.

E non è un’attenuante, ma un’aggravante, per questi Paesi la simpatia che continuano a dimostrare all’America trumpiana,  così  come è un’aggravante per quelle forze politiche italiane, e non tra le minori per numero, tributare  simpatia all’allegra banda transatlantica e ai loro amici sovranisti europei. E tanto peggio per l’Europa e per l’Italia.   

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