Nei tempi confusi che viviamo può essere utile un richiamo alla saggezza della Bibbia, senza sbandierarla come qualcuno è tentato di fare, e ricordare gli splendidi versetti dell’Ecclesiaste al cap. 3: “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire… un tempo per demolire e un tempo per costruire… un tempo per cercare e un tempo per perdere…”. Può valere anche per la politica europea in questa stagione di poteri arroganti e di pericolosi nazionalismi sulle due sponde dell’Atlantico: c’è un tempo per cercare di capire e uno per tentare di dialogare e, se sarà necessario, ci sarà il tempo per lo scontro, se inevitabile.
L’Unione Europea, inizialmente tramortita dall’irruzione della coppia Trump-Musk, ha accusato il colpo, come un pugile suonato e senza capacità di reazione. E questo nonostante che la sorpresa non fosse poi così inattesa, visto che Trump aveva già provato a “governare il mondo” dalla Casa Bianca tra il 2017 e il 2020 e che il suo ritorno alla presidenza USA incombeva nell’aria, vista anche la debolezza dei suoi avversari.
Ci sono voluti alcuni giorni prima che i due massimi vertici dell’UE – il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione – riuscissero a mettere insieme un timido messaggio: “Ci aspettiamo un impegno positivo con la nuova amministrazione statunitense, basato sui valori comuni e sugli interessi condivisi”. Roba da marziani sperduti su una terra sconosciuta, parole di un pugile suonato, fuori dal mondo.
Poi, a poco a poco, è venuto il tempo di alzare la testa e, con molta prudenza ancora, anche la voce.
Lo ha fatto, in un primo dibattito, il Parlamento europeo confermando le sue divisioni ma anche non nascondendo la testa sotto la sabbia e accendendo i riflettori sulle divergenze in vista tra alleati, dalla politica di sicurezza alla politica ambientale fino alla politica commerciale minacciata da insopportabili dazi.
Ha ritrovato finalmente la parola anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen che, con tutte le cautele del caso, è intervenuta al Forum di Davos confermando l’impegno preso con l’Accordo di Parigi a salvaguardia del pianeta, ricordando i nuovi importanti accordi commerciali dell’UE con l’America latina e, non a caso, ha annunciato che il primo viaggio della nuova Commissione sarà in India, dove cercherà di migliorare il partenariato strategico, in attesa di valutare possibili nuovi orientamenti commerciali con la Cina, segnalatasi l’altro giorno per un colpo da ko agli oligarchi USA dell’Intelligenza artificiale. A ben vedere si tratta di non farsi chiudere in un gioco bilaterale tra Washington e Bruxelles (che in materia commerciale detiene una competenza esclusiva) e anticipare tentazioni di rapporti bilaterali tra Usa e singoli Paesi UE, con l’Italia sotto i riflettori.
A Davos è scesa in campo anche un altro peso massimo dell’UE, la presidente della Banca centrale europea (BCE) Christine Lagarde, chiedendo all’Europa di prepararsi a potenziali cambiamenti nella politica commerciale USA e di non dimenticare la forza economica dell’Europa e quella del suo ampio mercato di consumo, ribadendo l’impegno della BCE a ridurre i tassi in modo misurato, con vista su un’inflazione quest’anno al due per cento.
E’ anche il tempo per l’UE di affilare le armi: già ieri la Commissione europea ha adottato un piano di azione, la “Bussola della competitività” sulla scia dei recenti Rapporti di Mario Draghi e Enrico Letta, ricordando a chi l’avesse dimenticato che la bilancia commerciale nei servizi UE-USA è di gran lunga in favore a questi ultimi e anche questo squilibrio verrà messo sul tavolo al momento del negoziato.
Intanto si avvicina anche il tempo di affrontare con responsabilità, da parte dell’UE, la fine del conflitto in Ucraina: lo farà, in un incontro informale, il prossimo 3 febbraio il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, occasione per un momento di verità per chi, illuso di essere una “Nazione sovrana”, è sensibile alle sirene di oltre-Atlantico e per chi gioca il gioco europeo.
Il solo campo di gioco dove, nel tempo, abbiamo probabilità di non uscire sconfitti.