La tensione sale sempre più in Ucraina e alle sue frontiere orientali. Le speranze riposte nella Conferenza di Ginevra tenutasi il 17 aprile scorso, tra USA, Russia, Unione Europea e Ucraina e il relativo accordo raggiunto, sembrano, giorno dopo giorno, svanire in un crescendo di mutue accuse, di ragioni e responsabilità attribuite a torto o a ragione e che hanno solo come effetto di ridurre gli spazi della diplomazia e del dialogo e di aprire la strada alla possibilità dell’uso delle armi. Eppure, il primo punto dell’accordo di Ginevra dice testualmente: “Tutte le parti in causa devono evitare ogni violenza, intimidazioni o atti provocatori. (…)”, continuando poi in una serie di buone intenzioni di cooperazione per ridurre le tensioni e ristabilire un clima di sicurezza per tutti i cittadini dell’Ucraina. Non solo, ma prevede anche una cooperazione e un sostegno per quanto riguarda il futuro processo costituzionale dell’Ucraina “che dovrà comprendere l’immediata ripresa di un ampio dialogo nazionale che includa tutte le regioni e i collegi politici (…)” del Paese.
A giudicare dall’inquietante evoluzione della situazione, l’accodo di Ginevra sembra non solo superato ma rende ancora più amara la costatazione di un ritorno a quell’opposizione fra Est e Ovest che sembrava conclusa con il lungo periodo della Guerra fredda. Oggi il confronto, intorno all’Ucraina, è condotto in particolare, con i suoi risvolti militari, tra la NATO da una parte e la Russia dall’altro, riportando alla luce quell’antica frontiera di paure e di reciproca sfiducia. L’annessione della Crimea da parte della Russia e gli interrogativi posti sul destino delle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina hanno obiettivamente rimesso in discussione gli equilibri e la situazione di sicurezza dell’Europa. La reazione della NATO, in risposta alle crescenti inquietudini provenienti dai Paesi Baltici, dalla Polonia e dalla Romania, che vedono con apprensione, ai loro confini, crescere il pericolo di uno smembramento dell’Ucraina, è stata quella di rafforzare la presenza e le esercitazioni militari in quei Paesi. Dal canto suo, la Russia non accenna ad allentare la pressione e la presenza militare ai confini dell’Ucraina. Una situazione che rimette completamente in discussione quel fragile filo di cooperazione fra la NATO e la Russia iniziato nel 1997, basato sull’intesa che le frontiere della NATO non si sarebbero avvicinate a quelle russe, a conferma di una percezione della sicurezza e della costruzione di relazioni politiche e internazionali ancora molto divergente. Ed è su questo avvicinamento che oggi si gioca la prova di forza, in un’Ucraina storicamente, geograficamente ed economicamente importante per la Russia e divenuta nuova frontiera fra Est e Ovest.
Dopo l’annessione della Crimea, la cooperazione militare e civile della NATO con la Russia è stata interrotta, lasciando aperto solo quel canale politico per dare una chance alla diplomazia. Nel frattempo, Stati Uniti e Unione Europea vanno avanti con le sanzioni economiche nei confronti della Russia e l’Ucraina si prepara, se possibile, alla difficile prova elettorale del 25 maggio prossimo.
Ma la prova più importante sarà quella di delineare, alla luce delle forti tensioni di oggi, nuove politiche e nuove relazioni fra l’Occidente e la Russia, basate su una comune visione di cooperazione e di mutua fiducia. Ne va di mezzo la pace e la stabilità del nostro continente, un rischio che non vorremmo più correre in quest’inizio di XXI secolo.