Tunisia, tra Covid, crisi economica e voglia di fuggire

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Quest’anno la grande festa musulmana dell’Eid al Adha, che ricorda il sacrificio di Abramo e si celebra in famiglia con il sacrificio del montone, aveva per i tunisini un gusto amaro, quasi umiliante. Iniziata il 31 luglio per terminare il 3 agosto, si è svolta senza sfarzo e abbondanza, mettendo soprattutto in evidenza, per la gente comune, tutte le difficoltà economiche per comperare, malgrado tutto, quel montone sacrificale, simbolo prezioso di tutta una vita legata ad un’intima e comune religiosità.

La Tunisia, sta infatti attraversando un periodo di grave crisi economica e sociale,  caratterizzata da inflazione, recessione e forte diminuzione del potere d’acquisto. Una crisi resa ancora più grave dagli effetti devastanti della pandemia che ha praticamente prosciugato una delle risorse più importanti del Paese, il turismo. 

Ma non solo. Unico Paese ad aver destato speranze di sviluppo democratico ed economico a seguito delle primavere arabe e della rivoluzione dei gelsomini di dieci anni fa, oggi la Tunisia non è più in grado di nascondere la sua forte debolezza politica, caratterizzata dalle divisioni interne al Governo, dalla frammentazione dei partiti e delle correnti presenti in Parlamento, dai conflittuali rapporti di forza fra le Istituzioni, dai conflitti di interesse personali e dal fallimento nella lotta alla corruzione. Una situazione incapace di rispondere alle esigenze di un Paese che versa sempre più nella povertà e nella disoccupazione e dove le manifestazioni di protesta si fanno sempre più frequenti e più esasperate, tanto da indurre il Governo a far ricorso, nel sud del Paese, all’esercito. 

E’ in questo contesto di incertezza politica, segnato dalla recente e fragile nomina di un nuovo Primo Ministro, Hichem Mechichi, e dalla futura formazione di un nuovo Governo, che si innesta la nuova crisi migratoria tunisina che investe di petto, ancora nel bel mezzo della pandemia, Italia ed Europa. Senza contare la diffusa instabilità e i conflitti in corso nella regione, in particolare nella vicina Libia, che contribuiscono non poco a destabilizzare l’equilibrio politico del Paese. 

La cospicua ripresa di flussi migratori e sbarchi dalla Tunisia nel nostro Paese, circa 4.500 persone dall’inizio dell’anno (35% del totale), fa riemergere così, dopo la pausa del lockdown, una delle sfide più importanti per l’Italia e per l’Europa, sfida mai dignitosamente affrontata da anni e che rischia di assumere, in questo delicato passaggio storico post pandemia, dimensioni politiche ed ideologiche particolarmente inquietanti per il futuro.

Italia ed Europa tornano infatti a dividersi al loro interno sulla questione, incerte sulle decisioni da prendere e sugli strumenti da utilizzare, coscienti del fatto che sia di nuovo l’emergenza a dettare le leggi e non una politica condivisa, lungimirante e dettata dalle inevitabili sfide future che attendono domani l’Europa. Una politica che guardi non solo alla sicurezza, ma anche alla stabilità politica, economica e sociale ai suoi immediati confini, che tenga conto dei cambiamenti demografici in corso e che abbia il coraggio di difendere e di rispettare, sempre, i diritti fondamentali.

L’Europa ha appena dato prova di coraggio e solidarietà per far fronte alla pandemia di covid. La sfida dell’immigrazione, dell’accoglienza e del dialogo richiede altrettanto coraggio e solidarietà.

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