Il nuovo Presidente dell’Iran eletto nel giugno scorso, Hassan Rohani, usa decisamente toni diversi da quelli a cui ci aveva abituato il suo predecessore Almadinejad. Considerato un “conservatore moderato”, il Presidente Rohani ha tentato il suo primo passo verso un dialogo con l’Occidente, Stati Uniti in testa. Intervistato dalla rete televisiva americana NBC e dal quotidiano Washington Post, il Presidente iraniano ha risposto a due interrogativi cruciali e legati fra loro che da tempo condizionano i rapporti del suo Paese con la comunità internazionale: l’uso militare del nucleare e la guerra in Siria.
Per quanto riguarda il nucleare, i negoziati condotti finora con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) non hanno mai permesso di verificare e di garantire che l’Iran non usasse il programma nucleare per dotarsi di un’arma atomica. Un aspetto questo che ha fortemente alimentato per anni le tensioni geopolitiche in tutto il Medio Oriente, in particolare per quanto riguarda Israele e di riflesso anche gli Stati Uniti. È vero che Teheran ha sempre smentito e affermato che il suo programma nucleare era volto solo a scopi civili, ma l’incertezza e la sfiducia generata in Occidente al riguardo ha portato l’Iran non solo in un isolamento internazionale sempre più accentuato ma anche in una situazione economica disastrosa dovuta alle sanzioni occidentali. Il Presidente Rohani, fin dal primo giorno della sua elezione, ha affrontato il tema in termini di una soluzione di questo delicato problema. Le sue parole alla NBC hanno nuovamente escluso il perseguimento di obiettivi militari e sono suonate, per la prima volta, come un primo passo verso un possibile e nuovo dialogo con l’Occidente nei mesi a venire. “Potrebbero essere dei piccoli passi sottili verso un importante futuro”, ha tenuto a precisare.
Ma i segnali di apertura di Rohani non si fermano qui. Era abbastanza chiaro il fatto che gli Stati Uniti, nella loro iniziale intenzione di intervenire militarmente in Siria avevano come obiettivo anche quello di una dimostrazione di forza nei confronti dell’Iran e del suo programma nucleare. E, in questo intricato quadro mediorientale, il Presidente Rohani, quasi a sorpresa, ha proposto la mediazione del suo Paese per favorire un dialogo tra il Presidente siriano Bachar al Assad e i ribelli. Una proposta che, sebbene non abbia ancora avuto il consenso ufficiale della Guida suprema Alì Khamenei, ha già una portata molto significativa, e questo per due ragioni: primo perché l’Iran, dopo aver sostenuto incondizionatamente il Presidente siriano e aver condannato, in generale, l’uso di armi chimiche, ha fatto sapere di voler e poter giocare un ruolo al tavolo di futuri e, per ora, ipotetici negoziati (Ginevra 2) e secondo perché la proposta di una mediazione si spinge, da un punto di vista politico e diplomatico, un passo più in là della richiesta di porre l’arsenale chimico siriano sotto sorveglianza internazionale. Certo è che, se questa proposta verrà confermata e debitamente valutata e accolta, potrebbe cambiare e spostare di nuovo le linee di equilibrio regionale, già fortemente sotto tensione soprattutto dopo le Primavere arabe.