Si fa presto a dire 50 miliardi

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L’epidemia del coronavirus fornisce ogni giorno e in ogni parte del mondo cifre inquietanti sull’evoluzione del contagio, accompagnandole con numeri poco confortanti sulle prospettive sociali ed economiche che si profilano all’orizzonte, insieme con le perduranti oscillazioni delle borse mondiali.

Da giorni circolano nel mondo, in Europa e in Italia anche le prime cifre delle risorse da destinare al sostegno all’economia e in risposta ai disagi che vanno aumentando per i cittadini a causa dell’epidemia in corso.

In merito si è fatta sentire con un intervento a sorpresa la Federal Reserve, la Banca centrale americana, con una significativa riduzione di mezzo punto dei tassi di interesse, mentre si è in attesa di un’imminente decisione della Banca centrale europea (BCE) e si registra la decisione del Fondo monetario internazionale (FMI) di stanziare 50 miliardi di dollari per fronteggiare gli effetti finanziari negativi del coronavirus. 

Sul tema si sta interrogando anche l’Unione Europea con le consultazioni in corso in seno all’Eurogruppo e i confronti sono in corso da parte della Commissione europea, in attesa che il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo di metà marzo adotti, si spera, una strategia condivisa di medio-lungo periodo tra tutti i Paesi membri.

Sul tema, senza troppo attendere, si è mosso il governo italiano: subito con uno stanziamento iniziale di 600 milioni di euro e, in questi giorni, con una proposta di spesa in gran parte in deficit di 7 miliardi e mezzo di euro, il doppio di quanto previsto in un primo tempo. Si tratta di una decisione rilevante, la cui esecuzione deve prima ottenere l’autorizzazione del Parlamento e il via libera della Commissione europea. 

Si tratta di due passaggi a forte valenza politica: sul versante italiano per valutare quanto convergano le forze politiche di maggioranza e opposizione sulla proposta del governo; sul versante europeo per misurare la valutazione della Commissione europea circa il “carattere eccezionale” della situazione italiana e la fiducia dell’UE nelle misure che il governo italiano intende adottare.

Se per un verso i due passaggi sembrano scontati, questo non significa che si tratti di una vicenda banale. Non solo perché si tratterà di misure in deroga – tanto alla normativa nazionale che a quella europea – ma anche perché di queste misure bisognerà valutare l’applicazione e le conseguenze.

L’applicazione di misure così straordinarie esigeranno procedure straordinarie perché possano andare in esecuzione tempestivamente, superando le lentezze burocratiche di cui è da sempre vittima la nostra capacità di spesa e evitando rischi di derive clientelari e, più ancora, di inquinamenti da parte della criminalità organizzata e dintorni.

E non saranno banali le conseguenze di questa decisione di spesa in gran parte in deficit, con il relativo impatto su un debito pubblico che preoccupa l’UE e contribuisce alla volatilità dei mercati, il tutto in uno scenario sempre più probabile di recessione economica.

Chi, non senza leggerezza, ha invocato fin dal primo giorno un piano da 50 miliardi di euro aveva probabilmente più in mente i propri interessi elettorali che non quelli dell’Italia, salvo non fosse cosciente delle condizioni finanziarie del Paese. Una attenuante difficile da concedere a chi è stato ministro ingombrante del governo precedente, abbandonato in gran fretta non appena si profilava la scadenza per l’adozione della legge di bilancio, di cui più responsabilmente si è fatto carico l’attuale governo giallo-rosso. Il quale deve essere cosciente di assumersi una responsabilità oggi sotto i riflettori, non solo dell’UE e dei mercati, ma dei cittadini italiani: dei contribuenti (almeno di quelli che pagano le tasse) e dei giovani chiamati domani a ripianare il supplemento di debito che si sta contraendo. 

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