Se la democrazia diventa un problema nell’Unione europea

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La buona notizia è che le nostre democrazie in Europa non si sottraggono al giudizio dei Parlamenti; la meno buona, di questi ultimi giorni, è che le verifiche parlamentari possono indurre instabilità politiche da non sottovalutare, come nel caso di due parlamenti nell’Unione Europea: quello dell’Assemblea francese lo scorso 8 settembre e quello del Parlamento di Strasburgo appena due giorni dopo.

Si tratta di due situazioni non comparabili per le loro diversità politiche ed istituzionali e per le loro ricadute nel tempo e tuttavia con conseguenze che potrebbero intrecciarsi tra di loro e aggravare la   governabilità nell’Unione Europea, tenuto conto anche della precaria salute delle nostre democrazie confrontate ad una crescente seduzione da parte di autocrazie e dittature diffuse nel mondo.

La Francia vive da tempo una situazione di fragilità politica che, zavorrata da crescenti difficoltà economiche e finanziarie,  è adesso aggravata da una nuova crisi politica dopo il voto di sfiducia  che ha mandato a casa il provvisorio governo di François Bayrou, suonando un altro più forte campanello d’allarme per la stessa presidenza della Repubblica, ancora provvisoriamente per due anni affidata a Emmanuel Macron. 

Troppe provvisorietà che non mandano segnali rassicuranti sulla stessa tenuta della vita democratica tra i nostri vicini e che allungano ombre pesanti anche sul futuro dell’Unione Europea, di cui la Francia è Paese fondatore e, con la Germania, partner tradizionalmente attivo nel processo di integrazione europea, ma anch’essa con un quadro politico fragile.

E’ stata meno traumatica la verifica parlamentare che attende Ursula von der Leyen dinanzi all’Assemblea di Strasburgo il 10 settembre in occasione del suo discorso annuale sullo stato dell’Unione, in una congiuntura politica ed economica particolarmente problematica.

Sul versante politico c’era poco da festeggiare dopo la deprimente trattativa sui dazi e le altre rese di Bruxelles a Washington, con prezzi molto alti pagati a Donald Trump anche per ottenerne in cambio il sostegno all’Ucraina, ad oggi tutt’altro acquisito sia per rafforzarne la capacità di difesa sia per promuovere trattative di pace con l’invasore russo.

Ma a Strasburgo non mancano altri importanti temi di confronto, istituzionali, politici ed economici.

La gestione accentratrice di Ursula von der Leyen sta generando malumori all’interno del suo stesso collegio, disagio da parte del Presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, tensioni con molte capitali, come anche Berlino, che ha richiamato Ursula al rispetto del suo ruolo istituzionale.

Sul versante politico la debolezza della Commissione europea non è una componente minore di quella “irrilevanza” dell’Unione denunciata con toni decisi da Mario Draghi e da Romano Prodi nei giorni scorsi, come traspare anche nella nuova proposta di bilancio 2028-2034, con la politica agricola nell’occhio del ciclone, senza dimenticare la mancata risposta concreta alle crescenti infrazioni del governo di Israele al diritto umanitario e internazionale.

Sul fronte dell’economia, in attesa delle ricadute dei dazi americani e di possibili evoluzioni negative dell’accordo del 15%, mancano forti iniziative per uno sviluppo di un’economia europea stagnante, indebolita in particolare dai ritardi nel settore delle nuove tecnologie.

Quanto basta per tenere Ursula sotto pressione, mentre da più parti si evoca una sua possibile uscita prima del termine del mandato nel 2029, magari prospettandole un passaggio alla presidenza della Repubblica federale tedesca. Non mancheranno segnali in questo senso nelle prossime settimane quando, tanto l’estrema destra che l’estrema sinistra, al Parlamento europeo cercheranno di intervenire con due distinte mozioni di censura nei confronti di Ursula, da portare al voto nel prossimo mese di ottobre.

Nell’attesa sarà interessante porre attenzione al confronto in corso al Parlamento europeo, sapendo fin d’ora che non sarà un autunno facile per nessuno, nemmeno per la presidente della Commissione.  

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