Russia-UE: ricatto sul gas e geopolitica

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Anche quest’inverno, particolarmente freddo, si è riaccesa la polemica fra Russia e Ucraina per il trasporto del gas russo verso l’Europa. Polemiche che hanno portato all’ interruzione delle forniture creando non pochi disagi in Slovacchia, Bulgaria e Romania, Paesi con poche scorte a disposizione e particolarmente dipendenti dal gas russo che transita dall’Ucraina. Malgrado gli accordi che la Commissione europea ha cercato di negoziare con Mosca e Kiev e l’invio di osservatori europei per capire le ragioni di questa nuova interruzione, la prospettiva di una ripresa delle forniture non sembra ancora delinearsi all’orizzonte, in modo duraturo.
Dietro questa situazione, che rivela in tutta la sua chiarezza la dipendenza europea dalle importazioni energetiche russe, si snodano vari scenari che, a dir poco, fanno del tema energetico un punto cardine delle relazioni internazionali e della politica estera della Russia.
Benchà© le responsabilità   oggettive della presente chiusura dei rubinetti del gas verso l’Europa siano difficili da individuare, resta il fatto che Mosca, ormai da alcuni anni, persegue alcuni obiettivi che potrebbero riassumersi così: consolidare il monopolio di Gazprom sulle forniture e il trasporto di gas, ricuperare una certa influenza su Paesi dell’ex Unione Sovietica, in particolare Ucraina e Georgia, per il controllo del Mar Nero e infine, per raggiungere questi due primi obiettivi, sviluppare una politica di «divide et impera» in Europa.
Il primo obiettivo è dimostrato dalla crescente attività   di Gazprom per il controllo, lo sfruttamento e il trasporto di gas dall’Asia Centrale attraverso il Mar Caspio, nonchà© dai negoziati, più o meno velati, con altri Paesi produttori, in particolare del Nord Africa e anch’essi fornitori di energia all’Europa. Gli itinerari e il controllo dei gasdotti da parte di Mosca rivestono quindi un aspetto strategico, dentro il quale è possibile interpretare il conflitto odierno con l’Ucraina.
Kiev, che aveva cercato, con la rivoluzione arancione del 2004 una maggiore indipendenza da Mosca e un rapporto più privilegiato con l’Occidente, viene oggi accusata da Mosca di non essere un interlocutore affidabile per il trasporto del gas verso l’Europa. Dietro queste affermazioni si nasconde il secondo obiettivo, cioè quello di riportare il Paese sotto l’influenza russa e controllare, di nuovo, forniture e trasporto di energia, soprattutto in quello che sta diventando il crocevia di importanti e futuri progetti di trasport, e cioè il Mar Nero. L’esempio di quello che è successo con l’intervento russo in Georgia nell’estate scorsa è illuminante al riguardo. Da Tbilisi passa non solo il pipeline di petrolio BTC (Baku, Tbilisi, Ceyan) che porta petrolio dal Caspio direttamente alla Turchia, ma anche, quasi in parallelo, il gasdotto verso Erzerum, due vie di trasporto interamente sottratte al controllo russo.
Il risultato dell’intervento russo dell’estate 2008, oltre al tentativo di screditare la Georgia agli occhi degli occidentali e al riconoscimento dell’ indipendenza delle due province autonome georgiane di Abkazia e Ossezia del Sud da parte russa, ha soprattutto avuto come conseguenza di fermare i negoziati di adesione alla NATO sia della Georgia sia dell’Ucraina, rimandando la decisione a tempi più maturi. Detto in altre parole, le esigenze energetiche e la politiche estere e di sicurezza si sono fuse una nell’altra.
E veniamo al terzo obiettivo. Di fronte all’intensificarsi del monopolio di Gazprom e alla dipendenza che questo crea, l’Europa ha cercato di individuare altri percorsi per il trasporto e fonti energetiche alternative. Un progetto chiamato Nabucco, lanciato nel 2007, fortemente sostenuto dall’Unione europea, dovrebbe infatti portare direttamente gas dal Medio Oriente, attraverso il Mar Caspio e verso la Turchia e l’Austria, evitando il controllo russo. Ma la Russia, in immediata risposta al progetto europeo Nabucco, ha concluso un accordo di joint venture fra Gazprom e la multinazionale italiana ENI, per il progetto South Stream, sotto suo controllo e dal tracciato sul territorio europeo, assai simile a quello di Nabucco. Questi due progetti sono quindi in concorrenza fra loro, creando incertezze nei Paesi europei di transito e soprattutto indebolendo il progetto europeo. Evidentemente, il precedente accordo sul gasdotto North Stream, che trasporta gas russo direttamente in Germania, aveva messo in evidenza i vantaggi di negoziati diretti con i vari Stati membri, ostacolando qualsiasi tentativo di una politica comune europea dell’energia ispirata ad una pur tenue forma di solidarietà  . E a questo punto il ricatto puಠesprimersi in tutta la sua forza.
E anche nella situazione che stiamo vivendo oggi, i due Paesi europei più toccati dalla chiusura dei rubinetti del gas, la Bulgaria e la Slovacchia, si sono rassegnati a negoziare direttamente con i russi e gli ucraini.

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