Ricollocamento migranti: misure contro Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia

La Commissione lancia le procedure di infrazione contro la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia.

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La Commissione Europea ha avviato, il 14 giugno 2017, le procedure di infrazione per il mancato rispetto del piano di ricollocamento migranti, adottato dal Consiglio UE a settembre 2015 in cui gli Stati membri si sono impegnati a rilocalizzare migranti bisognosi di protezione internazionale arrivati in Italia e in Grecia, in particolare profughi siriani.

Gli Stati sono tenuti ogni tre mesi a offrire dei posti disponibili per assicurare una procedura rapida e ordinata, sottoposta al controllo costante della Commissione.

L’Ungheria non ha preso le misure necessarie fin dall’inizio del programma, mentre la Polonia non ha più proceduto ad alcun ricollocamento da dicembre 2015 e la Repubblica Ceca non ha più offerto alcun posto da più di un anno e non ha più proceduto ad alcun ricollocamento da agosto 2016.

La Commissione ha annunciato il 16 maggio scorso, nel tredicesimo rapporto sul ricollocamento, che gli Stati membri che contrariamente ai loro obblighi giuridici non avevano ancora ricollocato nessun migrante dall’entrata in vigore del piano o nell’ultimo anno, dovevano iniziare le procedure immediatamente ed entro un mese di tempo. Poiché la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia non hanno tenuto conto dei loro obblighi giuridici verso la commissione, l’Italia e la Grecia, sono state oggetto di una lettera di messa in mora. Questa è la prima fase prevista dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea; nel caso in cui gli Stati non presentino come previsto una lettera di risposta entro un mese o che le loro motivazioni per la mancata azione siano ritenute insufficienti, la Commissione provvederà con l’invio di un “parere motivato”. Solo in caso di mancata risposta o riconoscenza del torto la Commissione potrà richiedere l’intervento della Corte di Giustizia Europea.

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