Rapporto sulla parità   di genere nell’UE

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La parità   di genere è la precondizione per il pieno raggiungimento degli obiettivi di crescita, occupazione e coesione sociale dell’UE, sostiene la Commissione europea nel suo Rapporto 2009 sull’eguaglianza tra donne e uomini.
Incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, infatti, secondo la Commissione offre contemporaneamente una garanzia per la loro indipendenza economica e un sostanziale contributo allo sviluppo economico e alla sostenibilità   del sistema di protezione sociale. Ma resta ancora molto da fare.
Se il livello di occupazione femminile al 58,3% è ormai vicino all’obiettivo di Lisbona, che prevede un tasso di occupazione del 60% nel 2010, esistono perಠprofonde differenze tra gli Stati membri dell’UE, con tassi che variano dal 36,9% al 73,2%. Le differenze di genere nel tasso di occupazione sono diminuite dagli oltre 17 punti percentuali del 2000 ai 14,2 punti del 2007, ma se si considera il tasso di occupazione delle donne con figli di età   inferiore ai 12 anni la differenza di genere è almeno doppia. La percentuale di donne impiegate a tempo parziale era del 31,2% nel 2007, cioè quattro volte più elevata di quella degli uomini. «Nonostante il part time e altre misure di flessibilità   lavorativa possano riflettere scelte personali, l’ineguale divisione delle responsabilità   domestiche e familiari comporta che siano più le donne degli uomini a optare per tali misure»: nell’UE oltre 6 milioni di donne di 25-49 anni d’età   dichiarano di essere obbligate a non lavorare o a lavorare part time causa le loro responsabilità   familiari.
Esiste poi una «segregazione occupazionale e settoriale» per le donne, rimasta praticamente immutata nella maggior parte degli Stati membri negli ultimi anni, che in maggioranza sono impiegate in alcuni settori e professioni, in livelli occupazionali più bassi e con minor accesso a posizioni più elevate. Una delle conseguenza della segregazione occupazionale di genere e della maggior concentrazione femminile nel lavoro precario o part time è la persistente disparità   retributiva, mediamente al 17,4% nell’UE, cosa che tra l’altro espone maggiormente le donne al rischio di povertà  , specie se single: tra le donne ultrasessantacinquenni, ad esempio, il tasso di rischio di povertà   è di 5 punti percentuali superiore a quello degli uomini.
Le donne restano ancora fortemente sottorappresentate nelle posizioni di responsabilità   manageriale e politica, soprattutto nei livelli più alti. La percentuale di donne manager è rimasta praticamente uguale negli ultimi anni con una media UE del 30% ma percentuali più basse nella maggior parte degli Stati membri e che scende al 10% nei consigli di amministrazione delle società   più quotate e al 3% nei posti di presidenza delle stesse. Nei Parlamenti nazionali la media delle donne è aumentata dal 16% al 24% tra il 1997 e il 2008, con forti differenze nazionali perಠche vanno dal 9% al 46% nel 2008, mentre solo undici Stati membri hanno circa il 30% di parlamentari donne, livello considerato minimo per esercitare un’adeguata influenza politica.

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