Qualcosa si muove in Europa

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Mentre in Italia, partiti allo sbando e già in campagna elettorale cercano di salvare il salvabile, anche a costo di mettere a repentaglio il salvataggio del Paese, in Europa si rimettono in moto i sostenitori di “più Europa”, all’indomani dell’avvio di soluzione per la crisi greca e nell’attesa che i 25 Paesi firmatari dell’Accordo di stabilità finanziaria – denominato “fiscal pact” – affrontino un difficile percorso di ratifica.

Non è un caso che l’appello al rilancio politico ed economico dell’UE porti molte firme italiane, di sensibilità politiche diverse, e sia intervenuto  poco dopo il Consiglio europeo che ha adottato il “fiscal pact”, al quale lo stesso Monti già ha detto dovrà seguire un “economic pact”, a significare l’urgenza di passare dal rigore tedesco a politiche per la crescita e il lavoro.

Né è un caso che dell’argomento si sia parlato in occasione dell’incontro Merkel-Monti a Roma e alla vigilia di un seminario informale di otto Paesi – i più importanti della zona euro, tra cui l’Italia – il 20 marzo prossimo a Berlino per riprendere, su proposta tedesca, il percorso verso una Costituzione europea.

Hanno firmato l’appello, tra gli italiani, Giuliano Amato, Romano Prodi, Emma Bonino, Franco Frattini e Barbara Spinelli; ad essi si sono aggiunte figure europee importanti del Parlamento europeo e intellettuali di prestigio come Ulrich Beck.

Il messaggio è chiaro: il rigore è stato necessario, ma non basta; al “fiscal pact” deve seguire subito una forte spinta politica per dare finalmente all’UE una capacità di governo comune dell’economia europea e Germania e Italia se ne devono fare carico, adottando iniziative comuni e aprendo la strada alla riforma del Trattato di Lisbona.

L’elenco delle cose da fare è impegnativo: dallo sviluppo sostenibile alla politica energetica, dall’immigrazione all’occupazione giovanile, dalla politica industriale alla cooperazione giudiziaria in campo penale fino alla politica estera e di sicurezza. Per fare questo si ricorda che “il trasferimento di competenze dagli Stati membri all’Unione dovrebbe essere sostenuto dal trasferimento contemporaneo di risorse finanziarie e di spese a un bilancio federale”.

Infine, per evitare che qualcuno si metta di traverso, l’appello propone che “una clausola di integrazione differenziata sia iscritta nel nuovo Trattato dando tempo sufficiente ai Paesi recalcitranti o di unirsi ai Paesi decisi ad andare avanti o di recedere dall’Unione”. Tradotto: una nuova Unione è necessaria e urgente, non è escluso che il vagone di quanti sono saliti sul treno per farsi trainare o frenare, possa essere sganciato.

L’attesa di molti, viste le persistenti resistenze inglesi e i ricorrenti ripensamenti francesi, è che Germania e Italia prendano la testa del convoglio, come avvenne sessant’anni fa con Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer.

Da allora il mondo è cambiato, l’Europa ha visto declinare il suo ruolo e la competitività della sua economia si è indebolita. Nel frattempo è di molto cresciuta e mutata la popolazione coinvolta nell’avventura dell’integrazione europea, dai sei Paesi di allora adesso siamo 27 e presto una trentina.

Non sarà possibile rifondare una nuova Europa senza associare strettamente da subito i cittadini europei all’impresa: aspettare le elezioni del Parlamento Europeo nel 2014 potrebbe essere troppo tardi.

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