Prospettive finanziarie 2007 – 2013, i primi dati sull’accordo

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Il negoziato sulle Prospettive Finanziarie 2007-2013 aveva subito una brusca battuta d’arresto al Consiglio europeo di metà   giugno quando nemmeno lo shock costituzionale franco-olandese aveva fatto da propulsore alla definizione di un accordo che sarebbe stato fondamentale perchà© l’Europa desse un segnale di forza e dimostrasse di avere la capacità   di agire e di scegliere.
Come si ricorderà  , quel negoziato fallì perchà© il Regno Unito non accettಠnessuna riduzione dello «sconto inglese», perchà© la Francia non era disponibile a ridurre i contributi ricevuti dalla Politica Agricola Comune e perchà© molti Stati membri andarono a quel tavolo negoziale con il solo obiettivo di «pagare di meno». Il primo vertice dell’Ue a 25 nel quale si discuteva di risorse e della loro allocazione si tradusse in un confronto tra nuovi e vecchi Stati membri, un confronto nel quale questi ultimi si sono dimostrati distanti dai nuovi entrati e incapaci di reagire all’impasse del presente e di farsi carico delle sfide del futuro.
In quella situazione la proposta della Presidenza lussemburghese (871 miliardi di euro pari all’1,06% del PIL) non passಠe a poco servono le offerte fatte ai contributori netti (misure specifiche e riduzione dei contributi) o al Regno Unito (progressiva riduzione dell’assegno che Londra riceve da Bruxelles fin dal 1984 e che senza interventi rischiava di arrivare al 2013 superando i 7 miliardi). Uno stremato Jean Claude Juncker non potà© che prendere atto di quel fallimento attribuendone senza mezzi termini la responsabilità   all’Olanda e soprattutto alla Gran Bretagna, quella Gran Bretagna che oggi, da Presidente di turno risolve il negoziato sul filo di lana e chiude il primo quadro finanziario dell’Unione allargata.
Tra la metà   di giugno e la metà   di dicembre capita abbastanza poco: una lettera aperta del presidente della Commissione Barroso per rilanciare il negoziato, un vertice informale voluto da Blair per discutere del futuro dell’Europa e due proposte della Presidenza britannica che, per altro, suscitano più polemiche e malcontento che vero interesse.
Alla vigilia del vertice di Hampton Court (27 28 ottobre 2005) il Presidente della Commissione lancia cinque proposte che, a suo dire, dovrebbero rilanciare il negoziato sulle Prospettive Finanziarie. Tali proposte, nessuna delle quali sembra lasciare il segno, vanno nella direzione degli investimenti per la competitività   («lisbonizzazione» delle spese, fondo di adeguamento alla globalizzazione), della riforma delle spese Ue (proposto un libro bianco per il 2009) oltre che del rispetto degli impegni assunti in materia di Politica Agricola Comune e di rafforzamento del ruolo dell’Ue nel mondo.
Ad Hampton Court – vertice informale voluto da Blair per rilanciare l’Europa dopo lo stallo registrato a metà   giugno – non si parla di Prospettive Finanziarie e non se ne parla anche se molti (leader dei nuovi Stati membri, esponenti pelle comunità   locali) giudicano l’argomento prioritario, domandandosi come si possa pensare di rilanciare l’Europa senza sapere di quali risorse potrà   disporre.
Si arriva così all’immediata vigilia del vertice; quando, nel giro di una settimana la Presidenza britannica presenta ben due proposte di mediazione che, perà², sembrano non accontentare nessuno perchà© non affrontano il problema dell’assegno inglese, e perchè non risolvono le questioni che erano state all’origine del fallimento di giugno: ancora una volta l’Unione sembra incapace di affrontare le sfide del futuro, dell’allargamento e della coesione.
Tra gli infausti presagi della vigila e il cauto ottimismo della conclusione ci sono venticinque ore di trattative serrate che hanno permesso all’Europa di evitare un’altra – e forse irreversibile – brutta figura agli occhi del mondo e che, in qualche modo, hanno avviato un percorso di trasferimento di risorse dai vecchi ai nuovi Stati, primo, fondamentale passo per la vera costruzione di un’Unione allargata, accogliente e solidale.
Per il periodo 2007 – 2013 il bilancio Ue sarà   di 863 miliardi di euro, pari all’1,04% del Prodotto Interno Lordo; il dato è in netto calo rispetto al quadro finanziario precedente (1,24%) e si colloca a metà   strada tra la proposta lussemburghese che tutti avevano rimpianto nei giorni scorsi e la prima proposta britannica definita quasi da tutti inaccettabile
I tre fatti nuovi che hanno permesso lo sblocco del negoziato sono indubbiamente stati:
– Il «cedimento» di Blair che ha concesso una riduzione di 10 miliardi in sette anni di euro dell’assegno inglese,
– l’apertura di Chirac che ha accettato di anticipare al 2008 – 2009 la discussione sulla Politica Agricola Comune che avrebbe dovuto svolgersi nel 20013
– La generosa ostinazione della premier tedesca Angela Merkel che prima ha mediato il tavolo anglo-francese e poi ha messo a disposizione dei nuovi Stati membri 100 milioni di aiuti regionali già   assegnati ai Lander tedeschi
L’accordo giunge abbastanza inatteso ed è forse per questo che è prudente attendere qualche tempo per un’analisi più dettagliata che si sottragga all’istintivo calcolo degli attivi e dei passivi nazionali, ancora così diffuso in queste ore e testimone di quanto la strada verso una vera Europa sopranazionale sia lunga.
I numeri sono lì è ci dicono che l’accordo è fatto, la crisi è evitata e l’Europa avrà   domani risorse per continuare a funzionare; soltanto un’analisi più attenta e dilatata nel tempo saprà   dirci se questo accordo avrà   consentito di vincere la vera sfida che l’Europa ha di fronte: il progresso di tutti, al di là   degli interessi particolari di ciascuno.

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