Preoccupazioni Ue per l’Italia nel 2019

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Erano attese per la settimana scorsa le previsioni della Commissione europea sulle prospettive economiche 2019 nei Paesi UE. Sono arrivate puntuali e per l’Italia ancora più puntuali, viste le tensioni da tempo in corso tra Roma e Bruxelles sulla legge di bilancio all’esame del Parlamento.

Previsioni puntuali ma divergenti tra i due interlocutori impegnati in un improbabile “dialogo”, visti i toni e la precaria stabilità politica del governo italiano.

A parlare sono i numeri, degli “zero virgola” e anche qualcosa di più, che pesano come macigni sul futuro dell’economia italiana; e non soltanto su alcuni parametri, ma su tutti.

Colpisce anche il contesto in cui si collocano i numeri dell’Italia, in un’Unione Europea in cui la crescita per il 2017 era stata del 2,2%, ma solo del’1,5% in Italia; la disoccupazione ampiamente sotto il 10%, ma sopra in Italia; e il debito pubblico sotto il 90% nell’UE, ma al 131% in Italia.

Le previsioni d’autunno per il futuro cominciano dalla crescita che, secondo Bruxelles, in Italia non sarà dell’1,5% nel 2019 e dell’1,6% nel 2020, come auspicato dal governo, ma non supererà l’1,2%, congelata invece all’1% secondo il Fondo monetario internazionale (FMI).

A questa marcia indietro fa riscontro una marcia in avanti del deficit annuale che non sforerà solo del 2,4%, come previsto dal governo, ma potrebbe salire nel 2019 al 2,9% e superare il tetto, previsto dal Trattato di Maastricht, del 3% nel 2020.

Risultato di questi due movimenti, in infrazione alle regole europee, è la previsione che il debito pubblico italiano non si ridurrà, come si era impegnata a fare l’Italia.

Il quadro delineato da Bruxelles non è roseo nemmeno per l’insieme dell’Unione Europea che registra ovunque, Germania compresa, un rallentamento della crescita, prevista sotto il 2% nel 2019, da addebitare in gran parte anche alla situazione internazionale, non escluse le turbolenze politiche e commerciali, in particolare con la Cina, provocate dall’”America first” di Donald Trump, una linea protezionista confermata nella sostanza anche dalle elezioni di novembre.

In evidenza però anche il fatto che nell’UE l’Italia registra la situazione meno favorevole – ultima per la crescita e penultima prima della Grecia per il debito – zavorrata da problemi strutturali irrisolti e segnata da continue fibrillazioni in seno alla maggioranza. Qui pesa anche l’incertezza del quadro politico futuro, cui non è certamente estranea la vigilia elettorale europea, (e in Piemonte anche regionale), elezioni che potrebbero trascinarsi dietro anche elezioni politiche anticipate.

Troppe variabili, intrecciate tra di loro, per poter consentire una gestione seria della cosa pubblica, ancor più se dovessero crescere – o anche solo mantenersi – le tensioni sui mercati e la pressione dello “spread”, ormai pericolosamente affezionato a quota 300.

Sono unanimi istituzioni internazionali, agenzie e istituti di ricerca economica per rilevare una situazione a rischio, prima per l’Italia stessa e poi per l’Unione Europea, a partire dall’eurozona.

La lettera che mercoledì il governo italiano ha inviato a Bruxelles, rifiutando di modificare la manovra, non ha certo rassicurato né le Istituzioni UE, in particolare la Commissione e la Banca centrale europea, né il FMI e gli investitori. Sale un po’ ovunque l’allarme e la preoccupazione per un rischio di contagio, a cominciare dalla zona euro, ma non solo. E c’è anche chi comincia a temere per l’Italia esiti simili a quelli della crisi della Grecia di qualche anno fa, anche se le due situazioni non sono comparabili né per dimensioni né per i rispettivi fondamentali economici.

La speranza, seppur debole, è che un dialogo sia ancora possibile e che le prossime settimane portino consiglio.

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