Per l’UE la sfida del Caucaso

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Nell’agenda diplomatica Georgia (e Ucraina) erano in lista d’attesa per entrare nella NATO e con la speranza, un giorno, di fare il loro ingresso nell’Unione europea. Dopo l’avventata incursione della Georgia in Ossezia del Sud a cui ha fatto seguito la sproporzionata reazione russa con l’invasione del territorio sovrano georgiano, niente sarà   più come prima e l’agenda diplomatica – speriamo solo quella – potrebbe cambiare radicalmente.
E così, invece di preparare a termine un ingresso della Georgia nell’Unione europea, è toccato all’UE fare un precipitoso ingresso nell’area ad alto rischio del Caucaso. Lo ha fatto con apprezzabile tempismo Nicolas Sarkozy, presidente di turno dell’UE, precipitandosi a Mosca per concordare una tregua che poi i russi avrebbero infranto spavaldamente per umiliare la Georgia e mettere in guardia i suoi alleati, gli USA in particolare.
La mossa del Presidente francese ha innovato rispetto alle macchinose procedure dell’UE che avrebbero comportato lunghe consultazioni mentre la casa stava bruciando e questo è stato forse il maggiore merito di Sarkozy. A Mosca infatti il suo è stato più che altro un ruolo notarile, di chi registra uno stato di fatto: ne è una prova l’ambiguità   dell’accordo la cui applicazione sarebbe stata fragile e il cui contenuto sarà   ancora a lungo oggetto di interpretazioni discordanti, in particolare sul punto centrale del conflitto relativo all’integrità   territoriale della Georgia. Lo confermano gli esiti negativi delle iniziative ONU e i recenti pronunciamenti del Parlamento russo. Senza contare quello che potrà   capitare in molti altri territori segnati da pericolose rivendicazioni etnico-nazionalistiche, non ultimo in Kosovo.
Adesso Sarkozy ci riprova con un’iniziativa non priva di rischi ma che ha il pregio di rivendicare per l’Unione europea un ruolo centrale nella ricerca di una soluzione del conflitto, non delegandone – almeno non interamente – la responsabilità   agli USA. Lo ha fatto con la convocazione inusuale di un Consiglio europeo straordinario dei Capi di Stato e di Governo a Bruxelles il 1° settembre, anche per segnalare opportunamente ai cittadini europei, troppo distratti sul loro destino, la gravità   di quanto accaduto e, ancora di più delle possibili conseguenze future.
Ma qui una domanda è d’obbligo: quale Unione europea vedremo al tavolo del Consiglio straordinario? Quella che qualche anno fa si divise alla vigilia della guerra degli USA in Irak o quella, apparentemente compatta, che qualche giorno fa ha preso posizione contro la reazione russa in Georgia?
Molti segnali fanno temere se non una rottura di solidarietà   tra gli europei una probabile incrinatura dell’intesa raggiunta all’indomani della prepotente iniziativa russa.
Da una parte la «vecchia Europa» con Germania, Francia in testa alla ricerca di un «modus vivendi» con la Russia, in vista di riprendere i negoziati per un nuovo accordo di partenariato strategico avviati a Bruxelles all’inizio di luglio. Sullo sfondo, a pochi mesi dall’inverno, le forniture di energia con l’Europa che importa dalla Russia circa il 50% del gas e il 30% del petrolio e l’obiettivo politico di consolidare la stabilità   del continente europeo insieme al partner russo.
Dall’altra parte, nel Consiglio europeo, i nuovi Paesi entrati nell’UE dal 2004 ad oggi, memori del loro asservimento all’impero sovietico e terrorizzati dalla possibile zampata dell’orso russo che non si rassegna ai suoi nuovi confini dopo il 1991. Si tratta di Paesi, Polonia Estonia. Lettonia e Lituania in testa, tentati da una «coalizione antirussa», sostenuta dagli USA, che già   si manifesta con l’installazione di radar e missili americani nella Repubblica Ceca e in Polonia, troppo vicino alle frontiere della Russia perchè questa possa disinteressarsene.
A complicare questo quadro contribuiscono due altri elementi: quello non nuovo del ruolo che gli USA si sono assegnati nella regione e quello, più recente e collegato, dell’ampliamento della NATO ad Ucraina e Georgia.
Sono questi gli ingredienti di un ritorno di «guerra fredda» che l’UE deve a tutti i costi disinnescare da subito, senza attendere l’esito delle elezioni presidenziali americane che potrebbero anche non modificare nel breve termine i rapporti tra USA e Russia.
Per chi spera che questo possa avvenire nel «lungo termine» valga il messaggio di Keynes quando – a proposito dell’evoluzione economica del mondo – ci esortava alla prudenza perche’ «nel lungo termine saremo tutti morti».

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