Per l’Europa un’estate normale, cioè con tanti problemi

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Durante questa estate che se ne sta andando, le cronache di casa nostra ci hanno raccontato di temperature mai viste, di ricorrenti stragi su strade affollate, di morti ammazzati, di incendi devastanti, di borse turbolente: insomma ci hanno raccontato un’estate normale.
Meno ci hanno raccontato l’Europa normale, quella che già   seguiamo sbadatamente nel corso dell’anno di lavoro, figuriamoci durante le vacanze. Eppure anche lì di cose ne sono capitate e nemmeno di poco conto.
Il periodo estivo non ha fatto venir meno la sorveglianza attenta dell’UE sul comportamento spesso poco virtuoso di alcuni suoi Paesi membri. Ne sa qualcosa l’Italia richiamata a comportamenti più rigorosi sul tema dei conti pubblici e a maggiore coerenza nelle sue politiche di accoglienza, in particolare per quanto riguarda il difficile e complesso problema dell’integrazione delle comunità   Rom nelle nostre maggiori città  .
Al riparo dell’UE, il nostro Paese si è difeso alla meglio nella bufera che, a partire da oltre Atlantico, ha investito le borse di tutto il mondo: da Francoforte la Banca Centrale Europea ha contrastato per ora con efficacia le turbolenze finanziarie, senza tuttavia ridurre i tassi di interesse con il rischio di penalizzare la crescita che già   non è più quella che era stata annunciata. Ha tenuto l’euro, riequilibrando il suo rapporto con il dollaro: viene da chiedersi che ne sarebbe stato della nostra simpatica «liretta» dentro una simile tempesta e viene da chiederlo a quelli – e sono ancora tanti – che all’euro continuano ad attribuire buona parte dei mali d’Italia.
Ed è ancora l’UE in prima linea nel contrasto all’inquietante invasione di produzioni nocive in provenienza dalla Cina, come è accaduto – ma non è che la punta di un iceberg – con i milioni di giocattoli della Mattel o con le batterie dei telefonini Nokia. Lotta difficile non solo perchà© è immenso il flusso di prodotti dal gigante cinese ma anche perchà© è ormai molto avanzato l’intreccio di interessi delle nostre rispettive economie e pericolosa la tentazione di misure protezionistiche che danneggerebbero per primi proprio i paesi europei.
Meno bene sembra aver funzionato la solidarietà   tra i Paesi dell’UE nella lotta agli incendi: in particolare il caso della Grecia offre motivo di riflessione e pone inquietanti interrogativi. Davvero l’UE per intervenire doveva aspettare che ci fossero decine di morti e che il Governo greco dichiarasse lo stato di emergenza e chiedesse l’aiuto dell’Europa? I Governi europei non avevano convenuto all’unanimità   nel Progetto di Trattato costituzionale che «l’Unione si adopera per un’Europa dello sviluppo sostenibile basato su (à¢à¢â€š¬à‚¦) un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità   dell’ambiente»? Difficile pensare che a Bruxelles non dispongano di informazioni tempestive su quanto accade nei territori dell’Unione. E allora, come spiegare una simile attesa? Probabilmente con l’argomento di sempre: l’assenza, dopo oltre cinquant’anni di vita comune, di un Governo europeo dotato – proprio in nome di quel principio di sussidiarietà   da molti interpretato oggi alla rovescia – di competenze, responsabilità   e strumenti per intervenire di propria iniziativa su problemi le cui dimensioni non possono trovare soluzioni adeguate negli ambiti ristretti dei singoli Paesi. Forse capiremo meglio nei prossimi giorni quello che è capitato e le misure che verranno adottate per affrontare insieme in futuro questi problemi comuni: si sta valutando la creazione di una task force di protezione civile europea con alla testa i maggiori paesi vittime di incendi estivi, in particolare Italia, Francia e Spagna. Con la speranza che alla fine tutto non si concluda con l’elemosina di qualche milione di euro per lenire le ferite profonde di nostri concittadini lasciati soli.
Come non essere allora d’accordo con il Presidente Napolitano quando l’altro giorno, rievocando la figura di Altiero Spinelli nel centenario della nascita, ha ripetuto il suo scontento per il cosiddetto «Trattato leggero» che l’UE si appresta a negoziare nei prossimi mesi, esprimendo tuttavia la speranza che contenga elementi sufficienti per ridare vigore all’Europa?
Scontento e speranza: ancora una volta i due ingredienti «normali» che accompagnano la costruzione lenta dell’Europa, le due facce di una stessa moneta da spendere bene nella stagione normale, e tuttavia difficile, che abbiamo davanti.

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