Nulla di nuovo dall’incontro UE-Israele

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Molte promesse ma nessun impegno concreto nel corso dell’incontro avvenuto a Bruxelles tra i ministri degli Esteri dei 27 Stati membri dell’UE e la ministra degli Esteri d’Israele, Tzipi Livni, mentre fuori dal palazzo si svolgeva una manifestazione di protesta.
Entrambe le parti sono infatti rimaste sulle rispettive posizioni, privilegiando più le richieste che le risposte alle domande della controparte. L’UE chiede infatti a Israele di lasciar passare gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, ma il governo israeliano non si è impegnato formalmente per la riapertura dei valichi di accesso a Gaza, così che Karel Schwarzenberg, il ministro degli Esteri della Repubblica Ceca presidente di turno dell’UE, ha solo potuto commentare: «Abbiamo ottenuto la garanzia che Israele farà   tutto il possibile per consentire un efficace aiuto umanitario nella Striscia di Gaza». D’altro canto, il governo d’Israele che chiede all’Europa di bloccare il riarmo di Hamas ha ottenuto solo un’intesa generica «sulla necessità   di rispondere al contrabbando di armi nella Striscia di Gaza».
In attesa di un analogo incontro che l’UE avrà   con il presidente dell’Autorità   Nazionale Palestinese (ANP), Abu Mazen, il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha proposto un piano per un’azione coordinata dell’UE in Medio Oriente. Il piano, messo a punto in accordo con l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’UE, Javier Solana, e con il ministro degli Esteri ceco, Karel Schwarzenberg, è articolato in cinque fasi e delinea anzitutto il quadro per l’invio di aiuti umanitari nella regione. In secondo luogo si concentra sul contrasto del contrabbando di armi e mira ad aiutare i palestinesi a riconquistare autorità   nella Striscia di Gaza controllata da Hamas. L’urgenza della questione umanitaria nella Striscia di Gaza è confermata dalla Croce Rossa Internazionale (CRI), secondo cui in seguito all’offensiva militare israeliana circa 400.000 persone sono senza acqua e quasi 100.000 sono profughi, tra coloro che hanno avuto la casa distrutta dai bombardamenti e quelli fuggiti per paura.
Intanto il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, chiede spiegazioni alle autorità   israeliane per l’avvenuto bombardamento a Gaza di scuole ed edifici dell’ONU, mentre giungono varie denunce di crimini di guerra. L’associazione francese Avocats Sans Frontieres (ASF) accusa Hamas di mirare deliberatamente la popolazione civile israeliana, di lanciare i missili a partire da zone civili e soprattutto di reclutare e formare bambini per la guerra, utilizzandoli come scudi umani. Numerose le denunce contro Israele, la maggior parte riguardante l’uso sproporzionato della forza e l’utilizzo di fosforo bianco contro i civili, sostanza altamente incendiaria: «Aver usato il fosforo bianco così indiscriminatamente in zone altamente popolate è un crimine di guerra» accusa Amnesty International. Il quotidiano israeliano «Haaretz» stima che siano state lanciate circa 200 granate al fosforo, alcune anche sulla scuola dell’ONU. L’Arabia Saudita sollecita invece un’inchiesta internazionale sull’utilizzo israeliano di armi all’uranio impoverito, che hanno alta capacità   di penetrazione e rilasciano polveri altamente dannose per la salute.

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