Nubi sul negoziato con la Turchia

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La calura estiva, il nervosismo che fa fremere la piccola politica italiana adesso alle prese con la rabbia dei tassisti e delle lobbies abituate ad antichi privilegi e, naturalmente, l’eccitazione dei mondiali del pallone lasciano pochi spazi di attenzione a vicende importanti che accadono agli immediati confini del nostro continente. Sono così oscurate crisi drammatiche come quelle in corso nella guerra infinita tra Israele e Palestina, i massacri quotidiani in Iraq, senza contare il conflittosempre aperto sul nucleare iraniano.
Non stupisce quindi che in un simile contesto nessuno o quasi presti attenzione al malessere crescente che si sta manifestando tra l’Unione europea e la Turchia, impegnate ormai da mesi in un difficile negoziato di adesione. Negoziato che avanti con discrezione, fors’anche eccessiva, ma che nei giorni scorsi è tornato ad incepparsi sul problema di Cipro. Come è noto infatti la Turchia, al contrario della comunità   internazionale, non riconosce l’autorità   della Repubblica di Cipro sulla parte nord dell’isola che nel 1974 fu occupata proprio dall’esercito di Ankara per difendere la minoranza turca dal clima di violenza instauratosi sull’isola a seguito del colpo di stato appoggiato dalla Grecia dei colonnelli. Trent’anni dopo, il 1° maggio 2004, Cipro è entrata nell’UE senza che fosse andato in porto il tentativo di riunificazione promosso dall’ONU e rifiutato con referendum dai greco-ciprioti. Come si vede una situazione complicata che non poteva non pesare sulle condizioni di apertura dei negoziati : tra queste l’impegno per la risoluzione della questione cipriota nel quadro dell’ONU e l’applicazione del protocollo di estensione dell’unione doganale che implica l’apertura da parte della Turchia dei porti e degli spazi aerei alle merci provenienti da Cipro. Per non semplificare una situazione già   sufficientemente intricata, la Turchia allegಠa questo protocollo una dichiarazione unilaterale con la quale affermava che tale intesa doganale non implicava da parte turca il riconoscimento della Repubblica di Cipro.
Se ci siamo soffermati, pur semplificandola non poco, sull’irrisolta questione di Cipro la ragione è duplice: da una parte perchà© è bene sottrarre questi temi alla discrezione delle diplomazie che poco comunicano con i cittadini e poi perchà© l’argomento è tornato in questi giorni a mettere in forse la prospettiva di adesione della Turchia all’UE. Per la verità   forte è il sospetto che il conflitto su Cipro nasconda ben altre perplessità   da parte dei negoziatori dell’UE che cominciano a chiedersi se nell’ottobre del 2005 con la decisione di aprire i negoziati di adesione l’UE non abbia fatto il passo più lungo della gamba e se non sia il caso di soffermarsi un momento a riflettere sulle prospettive future di allargamento. Già   si sapeva allora che l’opinione pubblica europea era largamente contraria all’adesione della Turchia ma condivisibili ragioni politiche ed economiche avevano fatto premio sulle pur forti perplessità   di molti, tra cui la Germania, l’Austria e la Francia.
Da allora la situazione interna dell’UE non è certo migliorata: un segnale inquietante è venuto in occasione dell’adozione delle prospettive finanziarie 2007-2013 che hanno rivelato una forte caduta di solidarietà   tra i 25, figurarsi verso gli eventuali futuri membri dell’UE. Lo si è visto con la sospensione di una decisione definitiva per la data di ingresso di Romania e Bulgaria e la perdita di slancio verso l’allargamento dell’UE ai Paesi balcanici.
Improbabile che la somma di tutte queste difficoltà   metta in crisi la prospettiva lunga di un ampliamento dell’UE verso sud-est perseguito in particolare dall’Italia, ma certo potrebbe rallentarne la realizzazione o addirittura modificarne le modalità   istituzionali e politiche. Per la Turchia si torna a parlare di «partenariato privilegiato» in considerazione non solo delle resistenze che si manifestano all’interno dell’UE ma anche per indizi di ripensamento da parte turca. Ad oggi, niente di drammatico ma nemmeno una pausa da sottovalutare. E insieme da cogliere come opportunità   per un dibattito essenziale che non ha l’aria di decollare tra i cittadini, ancora una volta tenuti all’oscuro di negoziati sì complessi ma anche decisivi per il futuro dell’UE e della sua dimensione multietnica. Se queste modeste riflessioni potessero servire a sollevare un poco il velo su questo snodo importante per noi e per le future generazioni, allora anche la complicata «crisi cipriota» diventerà   occasione per un maggiore coinvolgimento dei cittadini nella costruzione dell’Europa di domani.

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