Ma dove è finita l’Europa?

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Che l’Unione Europea viva una stagione particolarmente difficile è sotto gli occhi di tutti.
Vi è chi se ne preoccupa, ma anche chi – nostalgico dei bei tempi andati, non importa se segnati da immani tragedie belliche – gode all’idea di tornare ad essere «padroni in casa nostra».
Non appartengono a quest’ultima categoria gli autori che, in “L’Europa è finita?”, dialogano tra di loro sullo stato di salute dell’UE e sulle sue prospettive future.
Sul tema si affrontano due profili non proprio convergenti: da una parte Enrico Letta, giovane politico ma già   di lungo corso, con esperienze di governo come ministro delle Politiche comunitarie e Lucio Caracciolo, un esperto di geopolitica e direttore della rivista “Limes“, segnalatosi spesso come analista controcorrente ai limiti della provocazione.
Il dialogo riproduce fedelmente i due diversi approcci degli autori: più politico e realista il primo, più utopico e dissacrante il secondo, non senza tuttavia qualche elemento di condivisione forse più per ragioni di cortesia che non per convinzione viste le rispettive letture fortemente divergenti a proposito della storia dell’integrazione europea.
A voler semplificare, per Caracciolo la storia dell’integrazione europea non c’è stata e se qualcosa cominciava ad andare in quella direzione ci ha pensato la caduta del Muro di Berlino a frenarla. A sostegno di questa tesi, Caracciolo cita un intervento di Carlo Azeglio Ciampi che, francamente, ci sembra tirato per i capelli.
Molta parte dell’argomentazione opposta da Letta a questa lettura fa perno attorno alla centralità   dell’euro, ai suoi benefici e alla sua capacità   federatrice oltre che al ruolo della moneta unica europea come valuta di riserva, l’unica in grado di contrastare il dollaro sui mercati internazionali.
Potrebbe essere qui un punto di possibile intesa fra i due autori, se non fosse che l’analisi dell’impotenza politica dell’UE sulla scena mondiale, denunciata impietosamente da Caracciolo, rischia di mettere all’angolo la difesa dell’UE che Letta sviluppa abilmente attorno alle politiche interne e ai benefici da queste realizzate.
Inevitabile a questo punto il confronto sulla capacità   di interlocuzione dell’UE con i Grandi di questo mondo – quelli del G2 per cominciare, USA e Cina – e sulla credibilità   internazionale delle sue istituzioni. Difficile qui evitare di sparare sulla Croce rossa, in particolare nelle persone del mite Herman Van Rompuy, presidente permanente del Consiglio Europeo e della baronessa Catherine Ashton, ineffabile «ministro degli Esteri», senza una politica estera comune europea da rappresentare nel mondo. Per non dire del pallido riciclato presidente della Commissione Europea, Josà© Manuel Barroso, figura perfettamente funzionale al mantenimento del potere nelle mani dei governi dei Paesi membri più forti.
Interessanti, per come vanno le cose in questo nostro Paese, le pagine dedicate alla forza di «vincolo esterno» che l’UE potrebbe far pesare sull’Italia nel disperato tentativo di riportarla nell’alveo della legalità   e della buona politica.
Su questo tema le parole di Caracciolo meritano di essere citate: «Se l’Italia vorrà   avere un ruolo di rilievo in Europa nei prossimi anni, dovrà   prima di tutto occuparsi di se stessa, recuperando un’idea sufficientemente forte di unità   nazionale. Non possiamo pensare che l’Italia venga surrogata, o addirittura sublimata, da un’Europa che oggi non c’è e da Stati partner che hanno sufficienti problemi propri per occuparsi dei nostri».
Argomenti che Letta non sottovaluta, ma che nemmeno lo scoraggiano, convinto che in un mondo radicalmente cambiato «le nostre dimensioni, demograficamente e geograficamente, sono rimaste le stesse e l’Italia, da Paese grande in un mondo piccolo, è diventato un Paese medio in un mondo grande». Come dire che questa Italia, incerta nelle sue scelte, ha oggi un’occasione d’oro: quella di non scegliere, perchà© all’avventura europea non c’è alternativa se vogliamo sopravvivere.

Letta E. Caracciolo L., L’Europa è finita?, Add Editore, Torino, luglio 2010, pagine 128, ISBN 978-88-96873-06-9, 10 euro.

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