L’UE ha nelle sue radici il futuro

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“La memoria conta veramente – per gli individui, le collettività, le civiltà – solo se tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di fare senza dimenticare quel che si voleva fare, di diventare senza smettere di essere, di essere senza smettere di diventare” (I. Calvino 1975)

Vi sono stagioni della storia la cui complessità impone una riflessione per cercare di mettervi ordine e, se necessario, per abbandonare l’ordine vecchio per disegnarne uno nuovo.

Tra le molte radici di questa nostra Europa in affanno può venire in soccorso oggi la lezione che a metà ‘700 offrirono i filosofi dell’illuminismo nel “Discorso preliminare” ad introduzione  dell’Encyclopédie, quando invitarono l’intelligenza umana ad avvalersi delle sue tre preziose risorse: la memoria, la ragione e l’immaginazione, come dire la capacità di guardare il passato, il presente e il futuro.

A un esercizio del genere potrebbe essere utile sottoporre l’Unione Europea di oggi per trarre qualche utile indicazione per i tempi difficili che l’attendono.

Cominciando dalla memoria del passato, quella dell’Europa prima dell’Unione Europea, quella dei nazionalismi covati nei secoli ed esplosi a inizio ‘900 con i due conflitti mondiali che ne seguirono, riducendo il continente in macerie. E’ su quelle macerie che vennero costruite le prime Comunità europee degli anni ’50 ed è grazie alla memoria del passato che si aprì il cantiere di un “ordine nuovo”, ancora oggi in costruzione.

Ed è questo il nostro presente, affidato all’analisi attenta della ragione, quello di un’Unione che dopo molte conquiste, ma anche dopo molte occasioni mancate, è oggi confrontata a problemi e drammi che ne denunciano l’inadeguatezza. Non lo rivela solo la pandemia e la vicenda penosa dei vaccini, lo ricorda non da oggi anche la sua incapacità dopo settant’anni di vita a dotarsi di una sua sovranità in grado di mettere ordine nel concerto stonato delle sovranità nazionali e di esercitare un ruolo in un mondo dove rischia di diventare ininfluente. Una deriva che è una miccia pronta ad esplodere ad opera dei movimenti nazional-populisti la cui flessione nelle ultime elezioni europee non deve trarre in inganno, perché non sono ancora cenere e, se questo potesse sembrare, si tratta di ceneri che nascondono ancora braci pronte ad incendiare questo “continente selvaggio” descritto da molti storici.

Perché questo non avvenga non basta più il richiamo al passato, in particolare per generazioni che quel passato non hanno conosciuto nemmeno indirettamente; né può essere di aiuto soltanto lo sguardo sconcertato a questo “confuso presente” che vede sgretolarsi la vita sociale e logorarsi la politica, entrambe sotto i colpi di una profonda crisi economica che peserà a lungo sul nostro continente indebolito dalla pandemia.

Per questo motivo, e non solo, è venuto il momento del futuro, il tempo dell’immaginazione, come avrebbero detto gli illuministi che contribuirono a disegnare una nuova Europa, quella che esplose nella Rivoluzione francese all’origine della nostra modernità e di molti nostri diritti, raccolti nel motto “Egalité. Liberté. Fraternité”. Non significa che sia necessario riprodurre l’assalto alla Bastiglia, ma una rottura di paradigma si impone. L’architettura istituzionale dell’Unione va riprogettata per rendere effettiva una nuova “democrazia tra le nazioni”, le sue procedure di decisione riviste radicalmente, le sue politiche mirate rispetto al livello di risposta che esigono le nuove sfide: in una parola va immaginata una nuova convivenza civile tra popoli e culture, capaci di dialogare tra di loro e imporre il dovere del dialogo ai governanti, prima con i loro concittadini e poi tra di loro.

Se non serve a questo la Conferenza sul futuro dell’Europa che sta per aprirsi, meglio lasciar perdere e non illudere i cittadini europei, che di illusioni ne hanno già vissute tante, e ancora recentemente. Le nuove radici dell’Unione devono adesso essere declinate al futuro perché l’albero che ne nascerà porti i frutti attesi.


Su presente e futuro della nostra Unione ci soffermeremo giovedì sera, alle 20.45, nel corso dell’incontro “Ma può un’Unione Europea funzionare così?”; introdotto da Franco Chittolina e Adriana Longoni, è promosso da APICE in collaborazione con LVIA, La Guida, Monviso in movimento, Europe Direct Cuneo e Europa Me Genuit, ed è aperto a tutti quelli che vorranno intervenire in un dibattito che andrà crescendo in intensità di qui a maggio 2022.  

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