Le migrazioni viste dai Paesi dell’Europa centrale ed orientale

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La popolazione europea è destinata a diminuire di circa 79 milioni di individui entro il 2060. Si assisterà   dunque ad un ribasso sia in termini assoluti sia in termini percentuali sul totale della popolazione del pianeta: nel 1900, gli europei raggiungevano il 25% della popolazione mondiale, ma alla luce delle nuove previsioni, questa percentuale si abbasserà   fino ad arrivare, nel 2050, a meno del 5%.
Non vi sono alternative: per mantenere la crescita economica e il tenore di vita ad essa associati, l’Europa deve accettare gli immigrati, senza dimenticare che i fenomeni migratori non riguardano solo la circolazione delle persone all’interno degli Stati membri, ma ha acquisito dimensioni globali, coinvolgendo anche i paesi extraeuropei.
Il 17 e 18 novembre a Varsavia, si è tenuta una Conferenza sul tema:”Conseguenze sociali ed economiche della migrazione: prospettive per l’Europa centrale e orientale”. Organizzata dalla Presidenza polacca, e alla presenza del Commissario per l’occupazione, affari sociali e l’inclusione, Là ¡szlà ³ Andor, è stata questa l’occasione per affrontare, per la prima volta, il tema delle migrazioni dal punto di vista dei paesi dell’Europa centrale e orientale.
Infatti, proprio in questi Paesi, lo sviluppo derivato dall’adesione all’UE, ha fatto si che la regione sia diventata non solo un luogo da dove si emigra verso paesi più ricchi “in cerca di lavoro”, ma sia anche meta di attrazione per chi proviene da “paesi terzi”, in cerca di prospettive future migliori. Al fine di agevolare questi ingressi (nel 2010, sono stati richiesti 180.000 permessi per lavori di breve durata), la Polonia ha semplificato le regole di rilascio del permesso di soggiorno per i cittadini di Russia, Ucraina, Bielorussia, Georgia e Moldavia.
I partecipanti alla conferenza hanno sottolineato la necessità   di prepararsi alle nuove sfide che le immigrazioni di popolazioni extraeuropee porterà   con sà©, riflettendo su una nuova dimensione multiculturale basata sull’esperienza che i «vecchi» Stati membri hanno nel settore delle migrazioni, per non farsi cogliere impreparati in futuro.
Durante la conferenza, è anche emerso l’alto costo sociale che colpisce i paesi dell’Europa centrale ed orientale, a causa della crescente immigrazione verso gli Stati della “vecchia” UE. Il fenomeno dell”euro-orfano” è infatti in forte crescita. Il termine vuole descrivere la condizione che si verifica a causa della migrazione di manodopera verso i Paesi membri della «vecchia Europa», da parte di uno o di entrambi i genitori, con gravi ripercussioni sulla vita dei bambini che rimangono nel paese di origine. Si stima che solo in Polonia, questo fenomeno colpisca circa 110.000 bambini e giovani al di sotto dei 18 anni.

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