La strada verso l’Europa di domani

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Mentre a poco a poco si va allentando la tensione sui mercati finanziari ma restano le preoccupazioni per la Grecia e anche il Portogallo, l’Unione Europea tira il fiato e cerca di muoversi verso il futuro. Segnali in questo senso erano già venuti nelle ultime settimane, all’indomani della firma del “fiscal pact”, un Accordo intergovernativo per stringere i bulloni del controllo sui bilanci nazionali e mettersi al riparo da futuri rischi di fallimento dei conti pubblici.

Aveva sorpreso in questo senso la Cancelliera Angela Merkel che, dopo mesi di ossessione rigorista, aveva aperto verso un rilancio dell’Unione politica; le aveva fatto eco, con l’abituale prudenza, anche Mario Monti invocando un “economic pact” che consentisse un governo comune europeo dell’economia dopo la supplenza esercitata da Mario Draghi con la Banca centrale europea, nonostante le perplessità e le critiche dei suoi colleghi tedeschi.

Negli stessi giorni era circolata una lettera firmata dai leader di dodici Paesi – tutti i principali membri dell’UE, a esclusione di Germania e Francia – con la proposta di rilanciare l’Unione, questa volta è sembrato di capire più quella dell’integrazione dei mercati che non quella politica, come testimoniava tra i firmatari la presenza dell’inglese Cameron.

Un appello sottoscritto poco dopo da nomi importanti della politica e della cultura italiana e tedesca – per l’Italia c’erano i nomi di Amato, Prodi, Bonino – aveva interpellato Angela Merkel e Mario Monti alla vigilia del loro incontro a Roma, raccogliendone risultati modesti, tradotti dalla linea prudente di continuare a fare l’Europa “a piccoli passi”, come aveva insegnato Jean Monnet negli anni ’50.

Poi però anche in Germania avevano forse capito che i tempi non erano più quelli e che l’Europa ha bisogno di una forte accelerazione: si spiega così l’iniziativa del ministro degli esteri tedesco, si suppone in accordo con Angela Merkel, di convocare a Berlino un seminario con una decina di Paesi – tutti della zona euro, con l’aggiunta non banale della Polonia – per affrontare un “tema tabù” dopo i referendum francesi e olandesi del 2005: quello del rilancio del progetto di una Costituzione per l’Europa e non solo di una riforma del Trattato di Lisbona. Per l’occasione erano addirittura circolate parole care alla tradizione federalista di Altiero Spinelli, ripresa da Giuliano Amato, un po’ meno da Romano Prodi: la convocazione di un’Assemblea Costituente che, in occasione delle prossime elezioni europee del 2014, facesse svoltare decisamente l’Europa verso l’Unione politica.

Non è sorprendente che qui si siano manifestati dissensi importanti tra le due scuole, quella dei “piccoli passi” e quella della “svolta accelerata”. Niente di drammatico: per restare nella metafora, sarebbe saggio affrontare la curva con prudenza per accelerare non appena possibile. E forse si può già prevedere quando: nella seconda metà dell’anno prossimo, dopo che fra pochi mesi la Francia avrà scelto il suo Presidente e che nel 2013 Angela Merkel avrà affrontato elezioni difficili e Mario Monti avrà consegnato agli elettori italiani un’Italia in via di risanamento, con la speranza che nel frattempo si sia rigenerata anche la politica e non si ritorni alle pratiche del passato.

Tra spinte e controspinte l’avventura dell’UE continua: toccherà ai cittadini europei decidere in quale direzione farla svoltare per non lasciarla ferma ai bordi della pista di un mondo che cambia velocemente.

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