La meglio gioventù

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Forse non c’era bisogno di una ricerca per dircelo: l’aveva già   rilevato il CENSIS nel suo ultimo rapporto evocando il potenziale femminile, quel «fattore D», come uno dei pochi positivi in questa Italia. Più ancora lo mostra l’esperienza di ogni giorno quanto siano più grintose le ragazze dei loro coetanei maschi nello studio e nel lavoro, quello «pulito» s’intende, che purtroppo alla fine è anche spesso quello meno premiato.
La recente classifica internazionale Ocse- Pisa (Programme for International Student Assessment) fornisce a questa impressione diffusa il sostegno dei numeri per quanto riguarda il successo scolastico: prendendo come riferimento una soglia media internazionale di 500 punti, le ragazze italiane raggiungono una media di 513 mentre i maschi si fermano a 474 punti. Con riferimento alle diverse discipline, le ragazze sono di poco superiori nelle materie scientifiche (490 a 488), sopravanzano nettamente i ragazzi nelle materie umanistiche (510 a 464), ma perdono terreno in matematica (475 a 490).
Questi i punteggi delle ragazze quando giocano in casa. Le cose vanno meno bene in trasferta, quando sono confrontate alle loro coetanee di altri grandi Paesi «concorrenti» che le superano in tutte le discipline, che si tratti degli USA, della Cina, del Giappone, della Germania, della Francia o del Regno Unito (rispetto al quale le ragazze italiane battono sul filo di lana le loro coetanee almeno nelle materie umanistiche).
Premio di consolazione: le nostre ragazze fanno meglio delle loro coetanee spagnole e russe.
Con questi numeri, il quadro della futura competizione internazionale non si annuncia brillante, ma anche restando a casa nostra non tutto è rosa per le nostre ragazze. Nonostante proseguano più numerose all’Università   (60 a 30 rispetto ai maschi, ma la media nei Paesi sviluppati è di 63 a 50), si laureino prima e meglio, hanno più difficoltà   dei maschi a trovare lavoro e a progredire nell’assunzione di responsabilità  .
Qui le spiegazioni sono complesse: certamente il mercato del lavoro è più favorevole per ingegneri e scienziati che non per le filosofe, ma ha sicuramente importanza la reticenza verso profili femminili, spesso più grintosi e indipendenti e non disponibili a sacrificare tutto alla carriera, in particolare maternità   e famiglia, specie in un Paese povero di servizi sociali.
Per spiegare questa inversione di tendenza – migliori a scuola e penalizzate nel lavoro – qualcuno vede nella prevalenza di scelte umanistiche da parte delle ragazze cause genetiche e una minore disposizione alla razionalità   necessaria per discipline come la matematica. Sembra, a oltre un secolo di distanza, di vedere profilarsi l’ombra lunga di Cesare Lombroso, appena un po’ aggiornata.
Se poi dagli esiti nel mondo del lavoro si passa a quelli che si manifestano nella politica, per le nostre ragazze le prospettive non sono certo più confortanti: basta guardare quante e quali donne – e alcune in quale modo – hanno raggiunto nell’Italia di oggi responsabilità   di governo, nazionale e locale, per farsi un’idea sufficientemente chiara.
Qualcosa, ancora poco, si muove nel mondo della società   civile, ma è un segnale importante che per la prima volta una donna sia alla testa del primo sindacato italiano e un’altra presidente della Confindustria e che proprio alle donne si debbano le sorprendenti mobilitazioni di questi giorni per chiedere un governo diverso per questo Paese.
Che «l’altra metà   del cielo» stia finalmente scendendo sulla terra?

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