La diplomazia europea e gli stivali della Russia

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È stata una missione difficile e dura quella che l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri ha effettuato a Mosca il 4 e il 5 febbraio scorsi, una missione che ha avuto, fra le mille critiche sul cosiddetto “schiaffo all’UE”,  il grande pregio di mettere a nudo la violenza di un regime e, malgrado le apparenze, la sua intrinseca debolezza. 

Josep Borrell era ben cosciente della sensibilità di quella missione, decisa e mantenuta mentre erano in corso solide proteste della popolazione russa per l’arresto di Navalny, il leader dell’opposizione, scampato per un soffio ad un mortale avvelenamento e deciso tuttavia a continuare la sua denuncia della corruzione e dell’autoritarismo del regime. Un autoritarismo che si è ulteriormente irrigidito in questi ultimi mesi, dimostrando totale insofferenza per quel poco che rimaneva dei diritti fondamentali e del rispetto dello stato di diritto.  L’accoglienza di Borrell a Mosca, come ci si poteva aspettare, è stata a dir poco gelida, rude e senza nessun riguardo diplomatico. Un atteggiamento che non ha esitato a portare i rapporti UE Russia al massimo della tensione, rapporti già in grande difficoltà a partire in particolare dal 2014, anno dell’annessione della Crimea e dell’inizio del conflitto nel Donbass, nella parte orientale dell’Ucraina.

L’Alto Rappresentante, prendendo a cuore il suo ruolo e confidando nel potere della diplomazia e del dialogo, prima di partire lascio’ la seguente dichiarazione:”Scrivere dichiarazioni dal mio ufficio è più comodo e meno rischioso. Ho fatto una valutazione, appoggiata dalla maggior parte dei colleghi al Consiglio degli Affari esteri. Se la difesa dei diritti umani è nel nostro Dna, allora ci sono momenti in cui occorre metterci la faccia”. E Josep Borrell è partito per Mosca, con l’intenzione non solo di chiedere la scarcerazione di Navalny e di puntare il dito sui diritti umani, ma anche con l’intenzione di affrontare temi di politica internazionale per i quali, in una prospettiva multilaterale, la cooperazione e il dialogo con la Russia sono certamente aspetti importanti, come la situazione in Siria, l’evoluzione in Libia e l’accordo sul nucleare iraniano. Senza dimenticare che la Russia è membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. 

Se da una parte Borrell, da un punto di vista delle relazioni “bilaterali” con la Russia, ha giustamente e coraggiosamente cercato di portar la voce e i valori dell’Unione Europea, dall’altra non poteva nascondere agli occhi della disincantata diplomazia russa le fratture interne della stessa Unione Europea e le difficoltà degli Stati membri ad adottare una posizione comune nei confronti dell’immediato e ingombrante vicino. Posizioni che si riflettono in particolare sulle discussioni in corso per l’adozione o meno di nuove sanzioni, dove la realpolitik si incrocia con gli interessi di sicurezza, economici ed energetici. E’ il caso in particolare della Germania e della difesa del Nord Stream 2, il gasdotto che dovrebbe portare il gas dalla Russia direttamente in Germania, evitando l’Ucraina. Un progetto che la dice lunga anche sulle sue implicazioni geopolitiche. 

Forte della consapevolezza di queste divisioni interne, la Russia ha fatto sapere di essere pronta, in caso di nuove sanzioni, a rompere i rapporti con l’Unione Europea. Una bella sfida, alla quale, si spera, l’Unione non si sottrarrà nella difesa dei suoi valori fondanti. Appuntamento al prossimo Consiglio europeo di marzo.

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