La Commissione Europea ha intensificato la pressione sull’Italia inviando un parere motivato, sottolineando il presunto mancato rispetto delle normative dell’UE sul coordinamento della sicurezza sociale e la libera circolazione dei lavoratori. La controversia riguarda l’introduzione, nel marzo 2022, dell'”assegno unico e universale per i figli a carico” da parte dell’Italia.
Attualmente, solo coloro che risiedono nel paese per almeno 2 anni possono richiedere tale prestazione, a condizione che vivano nello stesso nucleo familiare dei figli. Secondo la Commissione, questa restrizione viola il principio di parità tra i cittadini dell’UE e costituisce un caso di discriminazione. Il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale dell’UE vieta specificamente qualsiasi requisito di residenza per ottenere prestazioni come gli assegni familiari. Questo parere motivato è stato preceduto da una lettera di costituzione in mora inviata all’Italia a febbraio 2023, seguita da una risposta italiana a giugno 2023 che, secondo la Commissione, non ha affrontato adeguatamente le preoccupazioni sollevate.
All’Italia è stato concesso un periodo di 2 mesi per rispondere al parere motivato e prendere le necessarie misure correttive. Qualora non vengano intraprese azioni correttive entro tale periodo, la Commissione potrebbe decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’UE.
Per maggiori informazioni: Pacchetto infrazioni di novembre decisioni principali; regolamento (CE) 2004/883; regolamento (UE) n. 492/2011; articolo 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea