Iraq e le frontiere in Medio Oriente

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La guerra in Iraq, la caduta di Saddam Hussein e il ritiro delle truppe americane sembravano ormai un lontano ricordo appartenente a quel lungo e difficile periodo seguito agli attentati dell’11 settembre alle Torri gemelle di New York. E invece ecco irrompere, quasi un’improvvisa tempesta, un’attualità che rimette in scena tutta la complessità di una situazione che è venuta poco a poco maturando proprio all’indomani della caduta di Saddam, anche se contiene elementi antichi e da sempre oggetto di scontri e conflitti all’interno di un Islam oggi in piena evoluzione.

L’attualità racconta di forze jihadiste sunnite, appartenenti allo “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIL) che hanno occupato il Nord dell’Iraq, da Mossoul a Tickrit e oltre, con l’intenzione di spingersi fino a Baghdad. Obiettivo dell’ISIL è quello di ripensare la geografia mediorientale e disegnare i confini politici di uno Stato, o meglio di un Califfato sunnita, che si estenderebbe dall’Iraq a gran parte della Siria orientale. Queste forze, il cui progetto si è delineato più concretamente in questi ultimi due anni, sono fortemente armate, danno prova di determinazione e violenza, praticano una nuova strategia di terrorismo e impongono nelle zone occupate la legge della Sharia per far penetrare l’Islam più radicale. Senza dimenticare che tali zone sono anche molto ricche di petrolio. L’esercito iracheno, in piena crisi e debolezza, anche se cospicuamente sostenuto dagli Stati Uniti, non è ancora stato in grado di far fronte a questo nuovo ed imponente attacco, che ha già causato vittime e profughi.

Se questa è l’attualità, il tessuto politico e storico su cui si innesta questa realtà, nonché le conseguenze a livello regionale e internazionale che ne deriveranno sono molto meno semplici da definire. Innanzitutto il progetto di creare uno Stato che cancelli le attuali frontiere tra Iraq e Siria, anche se apparentemente irrealistico, affonda le sue radici nella lontana definizione artificiale delle frontiere che Francia e Inghilterra disegnarono segretamente all’indomani della prima guerra mondiale, un disegno causa di molti mali nella storia del Medio Oriente. Su questo si innesca l’eterno conflitto confessionale tra sunniti e sciiti, oggi particolarmente acuto proprio in Iraq, nonché, in anni recenti e malgrado l’uccisione di Osama Bin Laden, il considerevole rafforzamento di gruppi jihadisti e terroristi oggi presenti non solo in Medio Oriente ma anche in buona parte dell’Africa. La guerra degli Stati Uniti nel 2003 e la caduta di Saddam Hussein hanno, in seguito, dato inizio ad un periodo particolarmente instabile in Iraq, dove la presa di potere da parte della maggioranza sciita, nelle mani del Primo Ministro Nuri Al Maliki, ha fortemente contrastato e escluso la minoranza sunnita, rendendo in tal modo irrealizzabile quel tentativo di condivisione del potere, ipotizzato dagli stessi Stati Uniti, necessario ad una minima convivenza politica e religiosa del Paese, compresa per la minoranza curda. Oggi, buona parte di quelle forze sunnite si sono ritrovate o sostengono il disegno di ISIL, sprofondando sempre più il Paese in una violenta guerra civile. E da questo punto di vista, sembrano veramente cadute le frontiere con la Siria.

Un Medio Oriente quindi in grande instabilità, dove si affrontano ormai a viso aperto le due principali correnti dell’Islam e, di conseguenza vede contrapposte in Iraq, come in Siria, le principali potenze della regione: da una parte l’Iran sciita e dall’altra l’Arabia Saudita sunnita. Nel frattempo, tra il silenzio dell’Unione Europea e le dichiarazioni di Obama su una nuova strategia di lotta contro il terrorismo, le bandiere nere dell’ISIL che sventolano in Iraq mandano messaggi che non rassicurano certo sugli sviluppi futuri.

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