Iran, tra diritti negati e ruolo geopolitico

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Questo 8 marzo 2023, tradizionale giorno internazionale dedicato alle donne, segna cinque mesi di rivolte delle giovani e dei giovani iraniani. Cinque mesi di ininterrotta resistenza e di altrettanta repressione da parte di  un regime che, per la prima volta in 43 anni, si trova di fronte alla più profonda crisi della Repubblica islamica e dei valori che rappresenta. 

La scintilla che ha dato fuoco alle proteste è stata la morte della giovane Masha Alimi, colpevole di aver portato il velo in modo scorretto, proteste che dalla denuncia della violenza ispirata da uno dei simboli del codice di valori islamici, sono proseguite con lo slogan “Donne, vita e libertà” e per continuare, senza cedere, a richiedere libertà, laicità e pluralismo. Il movimento di protesta si è mano mano allargato dalle donne a buona parte della popolazione, coinvolgendo in tal modo quasi l’intero  Paese.

Le rivendicazioni hanno assunto quindi, con il passare del tempo, una dimensione più vasta, che va dalla richiesta del superamento dell’uso dell’islam come ideologia politica al rifiuto della religione come codice del diritto e della vita privata, dalla richiesta di democrazia alla richiesta di un Iran più inclusivo e rispettoso dei diritti umani. Una sorta di rivoluzione dai contorni culturali, ma anche politici, di fronte alla quale il regime, ancorato ai principi fondamentali e ai valori di una repubblica islamica, non è in grado di rispondere se non con la repressione, la prigione, le condanne a morte e, più recentemente, con le presunte intossicazioni di studentesse con gas tossici. 

Ma se la pressione del regime sui dimostranti sembra essersi allentata in queste ultimi giorni, vi sono altre ragioni che potrebbero riportare, oltre all’indiscussa richiesta di libertà, la popolazione in piazza: si tratta in particolare delle difficoltà economiche vissute dalla gente, con un’inflazione alle stelle e un aumento del costo della vita che non sembra arrestarsi. Non era raro trovare infatti fra gli striscioni delle manifestazioni riferimenti alla povertà e alla mancanza di prospettive di sviluppo per il futuro, prospettive particolarmente sensibili per le giovani generazioni. 

La situazione dell’Iran è tuttavia sotto i riflettori dell’attenzione internazionale non solo per le ragioni evocate finora, ma anche per il ruolo strategico che il Paese gioca a livello regionale e globale. All’incrocio, in Medio Oriente, fra Asia, Europa e Africa, in un contesto regionale di relazioni difficili o conflittuali con Paesi vicini per ragioni di supremazia o rivalità religiosa, quali ad esempio l’Arabia saudita, l’Iran rappresenta il simbolo più potente di un islam politico “compiuto”.  Senza dimenticare le continue tensioni dovute al conflittuale rapporto tra Iran e Israele.

A livello internazionale, l’Iran, isolato diplomaticamente e sotto nuove sanzioni occidentali, sta  cercando di rinsaldare vecchie e nuove alleanze, in particolare con Russia e Cina. Lo dimostra in particolare la recente visita a Pechino del Presidente iraniano Ebrahim Raisi, visita che ha portato alla definizione di una nuova cooperazione non solo economica e militare, ma anche politica e ideologica. Per quanto riguarda i rapporti con Mosca, la fornitura di droni da parte dell’Iran rivela una nuova stagione delle rispettive politiche estere, mettendo in particolare evidenza l’orientamento di Teheran di “Guardare verso Est”, ossia lontano dall’Occidente per riorientare la sua funzione  geostrategica. 

Infine, in questo nuovo contesto di alleanze che dividono il mondo e si basano su valori ben distanti da quelli presenti nelle nostre democrazie, l’Iran ha proseguito la sua strada verso l’arricchimento dell’uranio, portando il livello molto vicino a quello necessario per costruire una bomba nucleare.

L’8 marzo a Teheran, dietro la commemorazione della battaglia per i diritti delle donne, è tutto un Paese che si interroga sul suo futuro e sulle risposte di un mondo in rapida evoluzione.

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