Informare per riformare l’Unione Europea

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È stato detto e ripetuto: il Covid ha spinto l’Unione Europea a un soprassalto di solidarietà con il Recovery Fund e ad una problematica prova di intervento in un settore, quello della salute pubblica, dove la responsabilità rigorosamente nazionale non ha lasciato molti margini all’azione comunitaria. Basterebbero questi due eventi per mobilitare i cittadini europei sulla ri-costruzione della loro casa comune, cogliendo anche l’occasione della recente apertura, il 9 maggio scorso, della Conferenza sul futuro dell’Europa. 

La Conferenza è uno spazio di dibattito cui parteciperanno, con impatti molto diversi, Istituzioni nazionali e comunitarie con la società civile organizzata e i singoli cittadini, con l’obiettivo di disegnare le future linee di sviluppo dell’Unione. Ad oggi bisogna constatare che le incertezze e le perplessità in merito all’esito della Conferenza superano le speranze di successo e non senza qualche ragione. 

È nota la tendenza delle Istituzioni, a tutti i livelli, a riprodursi pigramente nel tempo, a non promuovere una libera informazione, anche critica, dei cittadini, con la conseguenza di indebolire ulteriormente la democrazia rappresentativa non incoraggiando gli spazi di dialogo di una democrazia partecipativa.

Avremmo dovuto aver capito in questi primi settant’anni di vita che il processo di integrazione comunitaria non avanza senza una  mobilitazione dei cittadini, in grado di spingere i responsabili politici locali, nazionali ed europei ad assumere decisioni coraggiose in risposta alle straordinarie sfide di questa stagione della storia, mondiale ed europea, oltre che italiana.

Uno strumento essenziale per progredire in questa direzione risiede in un’informazione corretta dei cittadini e in reali spazi di comunicazione e di dialogo tra questi ultimi e le Istituzioni. Naturalmente l’informazione non va confusa con la propaganda miope di chi pensa di proteggere le Istituzioni mettendo un bavaglio alla critica, con il risultato di ingessare la situazione e mortificare le dinamiche di partecipazione popolare, con pesanti conseguenze per il futuro delle nostre già fragili democrazie.

Non si può dichiarare di voler “riformare” l’UE, impresa necessaria e urgente, senza “informare” correttamente i cittadini, riducendo l’informazione a un inutile “megafono” di Istituzioni ripiegate su se stesse e senza, come direbbe il presidente Draghi, il “gusto del futuro”.

Resta il fatto che un’informazione corretta sull’Unione Europea è impresa non facile per la complessità del tema e richiede competenze non sempre disponibili e una costante attenzione all’evoluzione delle politiche europee, in particolare in un momento come questo. 

Sull’attivazione del Recovery Fund, per limitarci a questo, si gioca non solo il futuro dell’Italia e dei nostri territori, beneficiari principali di quelle risorse, ma anche il futuro dell’Unione Europea, a cominciare dalla zona euro. 

Investire nella libera informazione a sostegno di questa svolta decisiva, in particolare in occasione della Conferenza sul futuro dell’Europa, non è un’opzione da prendere in considerazione solo se restano tempo e risorse, ma è una necessità di cui dovrebbero avere coscienza quanti nell’Amministrazione pubblica e nel privato sociale non si limitano a chiacchierare di Europa, senza mettere mano alla sua riforma.

Negli anni che abbiamo alle spalle abbiamo già perso troppe occasioni di imprimere una svolta all’Unione Europea: ultima in data, e clamorosa, con il “no” al Progetto di Costituzione europea, affondato nel 2005. C’è da sperare che le dolorose esperienze del decennio di crisi economica da cui veniamo e la tragedia della pandemia, nella quale ancora siamo, non siano l’ennesima occasione sprecata. 

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