Immigrazione illegale: penalizzare gli sfruttatori, non i lavoratori

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Nei casi di impiego in attività   lavorative di stranieri immigrati illegalmente sono necessarie misure che penalizzino i datori di lavoro ma non i lavoratori, ha osservato la commissione Libertà   civili del Parlamento europeo adottando una Relazione in materia.
L’impiego di manodopera straniera non in regola con le norme sul soggiorno è una condizione piuttosto frequente negli Stati membri dell’UE (come in tutti i Paesi di immigrazione), dal momento che si stimano fino a 8 milioni di immigrati in condizione di illegalità   nell’UE di cui gran parte svolge necessariamente attività   lavorative. Lavoratori non dichiarati dal datore di lavoro, oltre a causare una distorsione della concorrenza, non beneficiano del sistema sanitario nazionale e pensionistico e soprattutto lavorano in condizioni di vero e proprio sfruttamento.
Nel maggio 2007, la Commissione europea aveva proposto una direttiva in materia, chiedendo agli Stati membri dell’UE di proibire il lavoro illegale extracomunitario, stabilendo le eventuali sanzioni ai datori di lavoro tenuti a misure preventive quale l’esame del permesso di soggiorno prima dell’assunzione. La Commissione ha proposto poi che ogni Stato membro debba ispezionare almeno il 10% delle aziende registrate e sanzionare quelle non in regola, le quali devono accollarsi il costo del rimpatrio, il rimborso degli stipendi, delle tasse e dei contributi previdenziali non versati e altre misure amministrative del caso, quali la perdita di sgravi fiscali o sussidi nazionali o europei sino a 5 anni. Per creare un deterrente adeguato, poi, secondo la proposta di direttiva i Paesi dell’UE dovrebbero prevedere sanzioni penali in quattro specifici casi: ripetute infrazioni (3 volte in 2 anni); un elevato numero di lavoratori extracomunitari illegali; condizioni lavorative di particolare sfruttamento; se il datore era a conoscenza di trovarsi dinanzi a una vittima del traffico di persone o ad un minorenne.
Esaminando la proposta di direttiva, la commissione europarlamentare chiede una riduzione della pena se il datore di lavoro è una persona fisica (non giuridica) che ha assunto un dipendente per lavoro domestico e inoltre auspica una riduzione delle formalità   per la messa in regola del lavoratore da parte di un cittadino europeo. Secondo i deputati europei, le sanzioni al datore di lavoro devono sussistere in caso di non controllo o di manifesta falsità   dei documenti di soggiorno presentati al momento dell’assunzione e gli Stati devono fornire ai datori le linee guida da seguire al momento dell’assunzione. Inoltre, vanno previsti meccanismi che permettano ai lavoratori extracomunitari sfruttati di denunciare la propria condizione, mentre coloro che cooperano nell’emersione dell’illegalità   dovrebbero beneficiare di un permesso di soggiorno temporaneo, come nel caso di vittime del traffico di persone. Gli Stati dovrebbero poi prevedere meccanismi per assicurare che l’extracomunitario, anche in caso di rimpatrio, riceva automaticamente i dovuti pagamenti, compresi gli straordinari. La Relazione adottata dalla commissione Libertà   civili sottolinea infatti che «lo scopo principale di questa direttiva è quello di fermare lo sfruttamento degli immigrati illegali e non di causare l’effetto secondario di ridurre le possibilità   di un extracomunitario di trovare lavoro».

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