“Il mago del Cremlino” di Giuliano da Empoli

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Mondadori – 2022 (pp. 240 – 19,00 Euro) ISBN 9788804765400

Per un normale lettore di narrativa non c’è nulla di più minaccioso dell’ondata di libri che arrivano nelle librerie alla vigilia dell’estate per ingannare la noia delle vacanze imminenti. Fortuna che la saggistica  ha altri tempi di pubblicazione e non aggrava la mareggiata, lasciando spazio ai romanzi. Ma può anche capitare che un titolo di buona narrativa – piuttosto raro di questi tempi – venga contaminato da un saggio intrigante sull’attualità politica internazionale e allora è facile cedere alla tentazione, senza poi pentirsene.

E’ il caso di un libro come “Il mago del Cremlino” di Giuliano da Empoli uscito a giugno, prima in lingua francese, e poco dopo in italiano da Mondadori. Difficile dire quanto nella storia narrata ci sia di romanzato e quanto di vero, certamente molto di verosimile, raccontato con un ritmo letterario colto e brillante, ma anche così complesso e ricco di allusioni da suggerirne addirittura una rilettura. 

L’autore del libro ha stupito molti: non che fosse alle prime prove (da leggere anche il suo “Gli ingegneri del caos”, edito da Marsilio nel 2019, sull’ascesa del populismo e dell’incompetenza in politica) né che non avesse frequentato ambienti letterari e politici, ma per il singolare intreccio che ha saputo tessere tra le avventure degli oligarchi russi e la formazione del potere a Mosca dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991.

Protagonista del romanzo-saggio è nel libro Vadim Baranov, al secolo Vladislav Surkov, consigliere di Putin, un personaggio reale ed influente alla corte di Mosca, diventato famoso come “Rasputin dello zar”, il mago del Cremlino appunto. Baranov racconta con dovizia di dettagli e di episodi reali l’ascesa di Putin al potere, una sorta di percorso teatrale che il protagonista contribuisce ad organizzare sia che si tratti di creare dal nulla – ma i servizi segreti sovietici non erano nulla – un nuovo zar dopo l’umiliazione subita dalla Russia di Gorbaciov e Eltsin, sia che si tratti di celebrarne i successi occultandone astutamente le debolezze.

Ma Baranov non è il solo protagonista del racconto: lo è anche suo nonno, persona ribelle grazie anche alla sua ricca biblioteca, lo sono i libri che vengono in soccorso al nipote con le molte citazioni di maestri del passato (tra tutti Zamjatin, autore di “Noi”, un’altra lettura per l’estate) e lo sono naturalmente gli oligarchi al servizio temporaneo di Putin, almeno fino a quando lo zar non decide di disfarsene. E’ il caso di Michail Chodorkovskij, nel 2003 l’uomo più ricco della Russia alla testa della potente conglomerata del petrolio Jukos, caduto in disgrazia e finito in carcere o di Boris Berezovskij, padrone per qualche tempo della comunicazione mediatica, almeno fino a quando, diventato sgradito a Putin, finisce impiccato a Londra. 

Su questa fine Baranov si interroga, sospettando responsabilità del Cremlino e ricevendo da Putin come tutta risposta: “E’ stato così anche negli altri casi, il colonnello, l’avvocato, quella famosa giornalista. Lo sai perfettamente, Vadja, non siamo stati noi. Noi non facciamo nulla: al massimo creiamo le condizioni di una possibilità”.

Si tratta di una considerazione che ci porta nel cuore del libro, dove il vero implacabile protagonista è il potere, quello che nell’Unione Sovietica fu di Stalin e adesso in Russia, in mutate condizioni, rivive in Putin. Attorno a questo perno muovono i giudizi sulla debolezza dell’Occidente, dell’America in particolare ma anche dell’Europa che ne segue l’esempio, perché il potere “non è quello finto che praticate in Occidente: facce da clown che recitano un copione da tragedia. No, il potere ricondotto alla sua origine prima: il puro esercizio della forza”. Un altro esperto in materia, il nostro Machiavelli, aveva almeno temperato la forza del leone con l’astuzia della volpe.

Molto altro si potrebbe dire di questo libro che racconta un potere perverso e seducente, dissentire sulla percezione che il protagonista ha dell’Occidente, della vicenda Ucraina o della rivoluzione delle rose in Georgia, consentendo invece con Baranov quando, finito sulla lista nera delle sanzioni occidentali che gli vietano di viaggiare in Europa,  esclama: “L’Europa. Una cosa inconcepibile. Io, privato dell’Europa, capisce?” 

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