Grande è la tentazione di raffigurarsi i Vertici internazionali come una “compagnia di giro” che periodicamente si dà appuntamento in qualche parte del mondo per recitare una parte della quale tutti o quasi conoscono già il finale.
Un po’ quello che è di nuovo accaduto a Mosca la settimana scorsa con il G20 dei ministri delle finanze e del lavoro dei Paesi più industrializzati e dei Paesi emergenti. Erano presenti anche i responsabili delle rispettive Banche centrali e della Banca centrale europea, per affrontare due problemi che si trascinano da anni: quello dell’occupazione e quello dell’elusione fiscale, nella quale brillano in particolare le grandi multinazionali.
Due temi a prima vista distanti tra di loro, ma che si stanno saldando in questa stagione di crisi: da una parte nessuna o debole crescita nei Paesi industrializzati e in riduzione nei Paesi emergenti con il conseguente aggravamento della disoccupazione e, dall’altra, la necessità di reperire risorse pubbliche per risanare i bilanci di molti Paesi in difficoltà e cercare di stimolare la ripresa dell’economia.
Come si può facilmente capire, un groviglio di problemi difficile da affrontare in ciascun Paese, figuriamoci a livello mondiale dove, tra i Paesi del G20, diverse sono le situazioni socio-economiche, divergono gli interessi e alzano la voce presunte sovranità nazionali.
Un groviglio quasi inestricabile quando si tratta di allineare i sistemi di fiscalità e impedire che i profitti delle grandi multinazionali vadano ad atterrare in Paesi – l’Irlanda, per esempio, nel caso dell’Europa – dove l’imposizione fiscale è più bassa, con il risultato di sottrarre risorse ai Paesi dove queste aziende effettivamente operano. È quanto avvenuto in Italia con Google e altre multinazionali.
Al tema fiscale si è aggiunto a Mosca quello della crescita e del lavoro. Per ripetere, per l’ennesima volta, che la crescita resta debole nell’eurozona, dove i primi segnali di ripresa sono attesi nel 2014, e per registrare buone prospettive per gli USA e un rallentamento della crescita nei Paesi emergenti, in particolare in Brasile, Russia, India e persino in Cina, attestata comunque su un aumento del Prodotto interno lordo poco sotto l’8%.
Non stupisce che in questo contesto cresca il problema della disoccupazione per la quale non si prevede un rientro significativo nell’eurozona, viste le deboli prospettive di crescita. Stupisce invece che da questi Vertici ritorni l’ormai vecchia litania sulla “priorità” del lavoro senza l’adozione di misure in favore dell’occupazione e un ammorbidimento delle politiche di austerità che molto hanno contribuito alla glaciazione dell’economia e alla crescita della disoccupazione che nell’UE viaggia verso il picco di 30 milioni di unità.
Il comunicato finale del G20 di Mosca, ripete ancora una volta che “l’economia globale resta troppo debole, la ripresa è fragile e disuguale e la disoccupazione è troppo alta in molti Paesi”. Ci sembra un ritornello già sentito troppe volte e non ci rassicura la conclusione finale del Vertice che si è impegnato a proporre un dettagliato piano di azione nel prossimo G20 del Capi di Stato e di Governo all’inizio di settembre a San Pietroburgo. Cambia la città russa per il prossimo appuntamento, sale ai massimi livelli la responsabilità dei partecipanti: resta una fragile speranza che non si tratti ancora una volta della solita “compagnia di giro” e del solito copione che ormai conosciamo a memoria, al punto che anche scriverne – e leggerne – viene a noia.