Il CESE chiede una migliore tutela giuridica dei diritti delle famiglie LGBTIQ

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In un contesto in cui l’omofobia e la transfobia sono in aumento a livello europeo, le persone LGBTIQ, ovvero persone con orientamenti sessuali diversi da quello eterosessuale (persone lesbiche (L), gay (G), bisessuali (B), transgender (T), intersessessuali (I) e queer (Q)) subiscono discriminazioni che incidono sulle loro prospettive di lavoro, sul loro benessere e sull’esercizio dei loro diritti fondamentali.
In questo contesto, nel 2020 la Commissione europea ha adottato la sua strategia per la parità di trattamento delle persone LGBTIQ per il periodo 2020-2025, integrata ad aprile 2021 dal parere del CESE, il Comitato economico e sociale europeo. 

Una delle questioni affrontate dal parere del CESE è la nozione di famiglia a livello dell’UE. La disparità legislativa a livello europeo ha talvolta come conseguenza che i diritti delle famiglie arcobaleno siano limitati una volta lasciato un paese in cui sono riconosciute come un nucleo familiare. Per affrontare questo problema, il CESE invita la Commissione europea a elaborare un quadro normativo che preveda una definizione autonoma del concetto di famiglia, indipendente dal diritto nazionale e che si applichi nelle situazioni transfrontaliere.

Il CESE consiglia anche all’Unione europea di elaborare piani nazionali per l’occupazione e altri settori. Ad esempio, gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a fornire servizi medici e sociali, programmi di assistenza e luoghi sicuri alle persone LGBTIQ vittime di violenze domestiche, crimini di odio, e ai giovani LGBTIQ senza assistenza familiare.

Il CESE invita inoltre tutti gli Stati membri a vietare le pratiche e le terapie di conversione. Questo termine è usato per descrivere una vasta gamma di interventi basati sulla convinzione che l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona possano essere modificate. Tali pratiche, che violano i diritti fondamentali, sono tuttora in uso in diversi Stati membri dell’UE.
A tale proposito, il parere sostiene la risoluzione adottata dal Parlamento europeo, in cui si dichiara l’Unione europea zona di libertà LGBTIQ. Per realizzare tale obiettivo, il CESE suggerisce che i programmi di finanziamento dell’Unione europea siano subordinati al rispetto di tali valori. 

Il parere sostiene infine l’iniziativa volta ad estendere l’elenco dei reati dell’UE ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ai reati di odio e ai discorsi di odio, in particolare quando riguardano persone LGBTIQ.

Per approfondire: il comunicato del CESE

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