Governo Macron

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Sta diventando un best seller non solo in Francia (in Italia è distribuito dal Corriere della sera) il libro-manifesto di Emmanuel Macron, non a caso dal titolo Rivoluzione. In quella parola, particolarmente cara ai francesi, c’è certamente un’enfasi eccessiva e non è mancato chi più che alla Bastiglia ha richiamato per Macron un altro monumento francese, niente meno che Napoleone.

Questi giochini un po’ leggeri a parte, cominciano a manifestarsi nei comportamenti del giovane Presidente della Repubblica francese alcune prime indicazioni di quello che potrebbe manifestarsi di “rivoluzionario” in Francia e in Europa nel corso di un suo mandato nei prossimi cinque anni.

Per leggerne le possibili conseguenze bisogna cominciare col ricordare che  la Francia è una Repubblica a regime parlamentare semipresidenziale,  con forti poteri in mano al Presidente della Repubblica, al punto che la sua elezione tende a provocare importanti ricadute nelle elezioni legislative – in programma a giugno – quando si tratterà di ricomporre il Parlamento e conoscere l’eventuale maggioranza su cui potrebbe contare il nuovo Presidente.

In attesa di quel verdetto popolare, almeno due eventi sono da prendere in considerazione per interpretare quanto già sta avvenendo, in Francia e in Europa: la recente formazione del governo del Presidente e la sua prima visita di Stato a Berlino.

Del nuovo governo sono significativi alcuni numeri: “solo” 18 ministri e 4 sottosegretari, un’età media superiore ai 54 anni, metà uomini e metà donne, metà provenienti dalla “casta” politica e metà dalla società civile. Per non farsi illusioni bisogna però andare oltre i numeri: salvo il Ministero della difesa, rinominato “Ministero degli eserciti”, affidato a una donna, parlamentare europea liberale, i ministeri pesanti sono saldamente in mano maschili e di politici di professione: vale per gli Interni e gli Esteri (rinominato: Ministero dell’Europa e degli affari esteri) e per la Giustizia e i ministeri economici. Il solo ministero veramente di peso affidato ad un rappresentante della società civile è quello della “transizione ecologica e solidale” e non è un caso che sia quello che ha sollevato maggiori perplessità.

Se valesse ancora la ripartizione destra centro e sinistra, si potrebbe dire sbrigativamente che alla destra sono andati, oltre che il Presidente del Consiglio, i ministeri economici, al centro progressista i portafogli “regaliani” (Interni, Esteri e Giustizia) e all’area socialista i ministeri “sociali” (importante quello del Lavoro) e poco altro.

Per concludere: una provvisoria ricomposizione del quadro politico con una prevalenza di centro e di destra e immissione di personalità competenti della società civile sul versante ambientale, sociale e culturale.

Che cosa potrebbe significare per l’Europa? Bisognerà tenere d’occhio i ministeri dell’Europa e degli esteri, una dizione singolare se volesse dire che l’Europa non è da confondere con gli Affari esteri, quello della Difesa affidate a una federalista europea e, naturalmente il ruolo del Presidente, che ha tutta l’aria di volersi occupare da vicino dell’Europa.

A questo proposito un messaggio già chiaro è venuto dalla prima visita di Stato di Macron a Berlino, per incontrare l’attuale – e probabile futura –  Cancelliera Angela Merkel. Un incontro ad alto valore simbolico per sottolineare la priorità della ricostruzione del malandato asse franco-tedesco e l’esigenza di definire nuove politiche economiche e nuove regole finanziarie rispetto a quelle imposte fino a oggi dalla Germania in nome dell’austerità e del rigore. Su quest’ultimo punto la convergenza franco-tedesca è tutta da ricercare e non sarà facile. Angela Merkel ha fatto balenare la prospettiva di una riforma dei Trattati, ma si è ben guardata di precisare quali e quando. Probabile che Macron abbia pensato al “fiscal pact” per il rientro dal debito, pur sapendo entrambi che non sarà per domani.

Meglio non precipitare i giudizi: molto si chiarirà per Macron dopo le elezioni legislative nella prima metà di giugno; per Angela Merkel con le elezioni federali di settembre. Qualche contributo potrebbe venire anche dall’Italia, reduce da un positivo incontro a Parigi tra il nostro Presidente del Consiglio e Macron.

Ci sono segnali per dire che la macchina grippata dell’Unione Europea sta cercando di rimettersi in moto, per adesso ancora tossicchiando, ma chi volesse stare nei pressi della cabina di comando sarebbe bene si svegliasse.

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