Forza e debolezze del Parlamento europeo

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La bufera giudiziaria che si è abbattuta sul Parlamento europeo a Bruxelles non può lasciare indifferenti quanti guardano all’Europa come ad una casa comune dove, per convivere bene, è necessario rispettare valori dichiarati e regole condivise.

In attesa che la giustizia faccia il suo corso, e senza inseguire notizie ancora confuse nel clamore mediatico di questi giorni, può essere utile provare ad inquadrare le responsabilità nell’Unione Europea, anche per valutare le pressioni che, in un caso come questo, possono subire le Istituzioni comunitarie tanto all’interno che dall’esterno.

Al centro della tempesta in corso è il Parlamento europeo per il comportamento di europarlamentari e loro collaboratori, accusati di aver favorito dietro compenso la difesa dell’immagine, non proprio esemplare per il rispetto dei diritti umani, di un Paese arabo, probabilmente il Qatar dove sono in corso i campionati mondiali di calcio.

Chi si affaccia sul complesso sistema istituzionale UE ha qualche difficoltà ad individuare la portata delle responsabilità di ciascun organo comunitario e, in questo caso particolare, del Parlamento europeo e dei suoi rappresentanti. Di qui una prima domanda: perché uno Stato straniero avrebbe avuto interesse a esercitare pressioni, ad oggi per la giustizia belga su uno dei suoi 705 rappresentanti, fino a ieri vice-presidente dell’Assemblea, di un’Istituzione con limitati poteri che peraltro, nella fase decisionale, deve condividere con i governi nazionali UE?

E’ una domanda che sorge spontanea, tanto più trattandosi qui di materie che non prevedono un intervento legislativo diretto del Parlamento, poiché le risoluzioni cui si fa riferimento si limitano a fornire un orientamento politico alle altre Istituzioni UE e ai governi nazionali.

Rispondere a questo interrogativo aiuta a mettere in luce forza e debolezze del Parlamento europeo: ancora debole per i poteri che gli sono riconosciuti dai Trattati, ma forte anche simbolicamente per la sua legittimità democratica, frutto del voto a suffragio universale diretto, per le sue capacità di incidere sulla legislazione comunitaria dalla quale discende l’80% di quella italiana, per la fitta rete di relazioni politiche che intrattiene nei Paesi UE e per la sua potenziale influenza sull’opinione  pubblica europea.

Sta probabilmente in questo potenziale di impatto di immagine la spiegazione, almeno in parte, della scelta dei corruttori di far leva su corrotti che, come le mele marce, non mancano mai dove si intrecciano interessi importanti.

Qui l’interesse era quello di contrastare l’immagine di una Paese che aveva investito tanti soldi per sfruttare, con lo spettacolo mondiale del calcio, anche migliaia di lavoratori, privati dei loro più elementari diritti, causandone per molti la morte sul lavoro. Quale migliore vetrina in Europa del suo Parlamento, difensore dei diritti, per deviare l’attenzione dei cittadini europei dai diritti calpestati verso la magnificenza degli stadi e l’esaltazione della competizione sportiva?

Per riuscirci ai corruttori, cui non mancano i soldi, bastava attivare anche soltanto corrotti di non alto profilo politico, ma capaci di tessere relazioni con soggetti disponibili per leggerezza politica, quando non morale.

Paradossalmente la vicenda giudiziaria in corso mette in evidenza contemporaneamente la forza attribuita, e in parte reale, al Parlamento europeo grazie alla sua legittimità democratica, ma anche  le debolezze di una politica non all’altezza delle sue responsabilità e quelle di politici, e loro collaboratori, estranei ai valori professati dalle organizzazioni di provenienza, screditando con esse anche la credibilità di Istituzioni create in difesa dello Stato di diritto, compresa la lotta alla corruzione. Proprio quanto esse esigono dai governi dei Paesi membri, come nel caso dell’Ungheria. Coerenza vuole che adesso sia la stessa Unione a salire sul banco degli imputati per difendersi, sanzionare i corrotti e prendere tutte le misure necessarie per ritrovare credibilità agli occhi dei suoi disorientati cittadini.

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