Evoluzione e involuzioni dei Paesi fondatori UE

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Vale sempre la regola che la storia si muove e la geografia con essa e viceversa. Accade anche per l’Unione Europea che, nata alla metà del secolo scorso con il nome di “Comunità”, ha conosciuto nei suoi settant’anni di vita evoluzioni importanti e qualche involuzione in tempi più recenti.

A fondarla contribuirono sei Paesi: alla proposta francese del 1950 rispose la Germania e si aggregarono fin dall’inizio Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Via via nel tempo si aggiunsero altri 22 Paesi, componendo oggi un’Unione di 27 Stati membri, dopo la secessione britannica del 2020, mentre un’altra decina di Paesi sono in lista d’attesa, quando i tempi saranno maturi.

Non stupisce quindi che una simile dilatazione geografica abbia comportato evoluzioni importanti nella storia dell’Unione. E’ avvenuto fin dal primo allargamento del 1973 a Regno Unito, Irlanda e Danimarca, è proseguito negli anni ‘80 con l’allargamento ai Paesi della fascia sud, completato nel 1975 a nord con Austria,  Finlandia e Svezia. 

A questo spazio riunificato dell’area occidentale dell’UE sono approdati all’inizio di questo secolo i Paesi dell’Europa centrale ed orientale, fuorusciti dall’ex-Unione Sovietica: un allargamento di grande rilevanza non solo geografica ed economica, ma più ancora politica, all’origine nell’Unione di nuove tensioni che si sono aggiunte a quelle numerose già presenti.

Il quadro che si presenta oggi è quello di un “puzzle” dove non sempre i pezzi combaciano, anzi qualcuno tira a “strappare” in nome di una pretesa “sovranità nazionale”. E’ il caso in particolare degli ultimi arrivati, ma non solo: clamoroso e inedito quello del Regno Unito, più morbido quello dei Paesi scandinavi, ma in movimento anche Paesi fondatori come Germania, Francia e Italia.

E’ in evidente difficoltà il motore franco-tedesco, perno importante del processo di integrazione, e resta da capire in quale direzione si muoverà il governo italiano.

La Germania resta saldamente ancorata al progetto di integrazione europea, dal quale ricava non pochi benefici, ma è tentata di estendere il suo ruolo di protagonista al di là dell’economia verso il versante militare e politico, con decisioni che all’interno dell’UE hanno un vago sapore “sovranista” e annunciano, a livello internazionale, un crescente riferimento oltre-atlantico. 

La Francia, reduce dalla visione gollista di un’”Europa delle nazioni”, cerca una transizione verso una “sovranità europea” difficilmente compatibile con la sovranità nazionale e con l’orgoglio di un Paese che vanta un ruolo internazionale proveniente dall’eredità della sua storia coloniale e dal fatto di essere l’unico Stato UE che dispone di un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU e dell’arma nucleare. 

L’Italia potrebbe avere, dentro questo triangolo dei tre principali Paesi UE, un’occasione importante per rafforzare il proprio ruolo nella costruzione della futura Europa, destinata ad allargarsi proprio ai suoi confini nei Balcani. Questo sarebbe possibile solo a patto di non venire meno alla sua vocazione europeista, scritta in tutta la sua storia, dall’antichità romana al protagonismo nel Rinascimento fino al rilancio del federalismo europeo ad opera di personaggi come Altiero Spinelli, ma anche Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi e gli ultimi nostri Presidenti della Repubblica, da Carlo Azeglio Ciampi a Giorgio Napolitano fino a Sergio Mattarella. Nomi illustri per statura politica, giganti sulle spalle dei quali anche i nani potrebbero imparare a stare al mondo, cominciando dall’Europa.

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